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lunedì 21 maggio 2012

DRIEU


Ad oltre settant'anni dalla scomparsa terrena, un fantasma si aggira per l'Europa e lo fa affacciandosi alla platea più importante della cultura francese. La Pléiade, seppur con ritardo, riconosce il prestigio e il valore di uno dei suoi figli piu nobili e ribelli: Pierre Drieu La Rochelle. 

Drieu semplicemente e per tutti e soprattutto per sempre, cosi lo chiamavano i suoi amici e i suoi moltissimi nemici, i detrattori delle sue opere e gli estimatori del suo stile elegante e diretto. 

Spesso vedrà infrangere i propri sogni sulle barriere della stupidità umana senza mai arretrare, ma aprendosi a nuovi orizzonti nei quali lasciare liberi i propri ideali. 

Deluso sovente dagli eventi che sconvolgono la sua epoca e da uomini che non recepiscono il suo grande anelito, non abbandonerà mai la visione di un' Europa, sua Terra, sua Madre, aggregazione di uomini liberi. 

La sua formazione, da Platone a Nietzsche, passando per Baudelaire e Rimbaud, si arrichisce anche di approfondimenti  religioso-esoterici,  l'interesse per talune dottrine tradizionali indo-europee soddisferanno spesso le sue esigenze spirituali. 

Spesso profetico nell'annunciare i disastri ai quali si assisterà in seguito nello scenario mondiale ed europeo. In particolare, così si esprimeva: - “Povera Europa lacerata, perduta. Hai chiamato gli americani da un lato e russi dall'altro. E adesso sei calpestata, votata a tutte le distruzioni, a tutte le amputazioni – irrimediabili.”- (dal Diario 1939-1945).

L'autore di Gilles conferma a se stesso e agli altri quanto sia complesso il rapporto tra le idee e gli uomini che dovrebbero o potrebbero rappresentarle; attuale, nell'analizzare la terribile ingerenza economica nella storia d'interi popoli e nell'evidenziare la grave inversione rispetto alla qualità della vita e alla visione spirituale del Mondo. 

Da questo, ma anche da altro la sua profonda e bellissima solitudine che lo porterà a scelte senza ritorno; già in Fuoco fatuo queste tematiche erano presenti, filtrate attraverso ciò che per Drieu sarà il fil rouge della sua scrittura: mettere in campo la propria esistenza con tutte le contraddizioni e le certezze ma comunque senza sbavature e senza ripiegamenti. 

Detestava dal profondo del cuore l'animo borghese e non ne farà mai mistero, avvertendo in questa condizione umana l'esatta contrapposizione del suo mondo e per questo utilizzerà tutto ciò che les bourgeous gli potevano offrire. 

Il suo rapporto con le donne meriterebbe uno scritto a parte poichè “L'uomo pieno di donne” proprio attreverso i molteplici incontri sviluppò una parte importante del suo essere, misurandosi a viso aperto e senza mai nascondersi. 

Non rinnegherà mai di aver sposato donne ricche solo per convenienza, ma non tradirà mai i momenti più belli della sua vita, e mentre intrattiene il rapporto forse più importante con Christianne Renault trasferisce a Victoria Ocampo moltissimo del suo credo politico ed esistenziale e, fino a quando potrà, le amerà. 

La Ocampo in una lettera poi resa nota, centrerà le molte contraddizioni di Drieu: - “Amarti non è stato un errore, ne sono certa. Se fossi convinta di essermi ingannata sarei indulgente con te. Non posso essere indulgente.” 

E sarà ancora un'altra donna ad assisterlo nel suo ultimo viaggio, Che strano viaggio, nella notte tra il 14 e il 15 marzo del '45, una liberazione e un inizio, l'inizio di una testimonianza di vita. Morirà fascista, di quel fascismo immenso e rosso che solo lui poteva vivere, ma che anche ad altri è dato godersi.

Antonio Toscano
                                                                                        

sabato 19 maggio 2012

BRINDISI: PAGLIA SUL FUOCO, UN DÈJA VU


Sarà anche presto per avanzare ipotesi e analisi, ma la nostra storia parla chiaramente. 

Se voltiamo per un attimo lo sguardo indietro (non molto indietro, a qualche decennio fa), ci rendiamo conto di come al crescere della tensione sociale della fine degli anni sessanta, ha fatto seguito un’escalation di violenza; dagli attentati mirati (con odore di infiltrazioni “Statali”) alle stragi, da Milano a piazza Fontana, a Gioia Tauro, a Brescia a piazza della Loggia, fino alla strage di Bologna. In mezzo, la crisi economica degli anni 70. Il quadro di ieri è cambiato certamente sotto diversi profili; ad esempio oggi i movimenti dei lavoratori sono debolissimi e hanno un peso praticamente inesistente, la situazione economica è addirittura peggiore di quella determinata dalla crisi del ‘29, la situazione internazionale in cui l’Italia s’inquadra è totalmente cambiata.

Eppure se la storia insegna qualcosa, è inevitabile non accorgersi delle analogie.

La crisi sta determinando una tensione sociale potenzialmente altissima, fatti recentissimi sono una gambizzazione, bombe e, sul piano personale, suicidi. Certamente non ci troviamo in condizioni di facile gestione, a maggior ragione se pensiamo a come le cose sono peggiorate con le ultime riforme che hanno tolto gli ultimi pezzetti di pane a chi ne aveva già poco e a come peggioreranno con le riforme in fase di preparazione. 

Ci diranno sicuramente presto chi è stato, è semplice! O la mafia o ambienti eversivi. Già ce lo stanno dicendo! Troveranno un colpevole e tutti saremo indignati.
Conosciamo anche questo, la nostra storia ce l’ha già mostrato. Ed è per questo che magari a questi fatti seguiranno insabbiamenti e indagini soffocate, sospese, riprese, abbandonate. 

Ma che motivo avrebbe la mafia per colpire una scuola? Se vogliamo prenderci in giro e credere alle favolette pur di avere una risposta, va bene. Ma se vogliamo fare un’analisi seria, sembra un’ipotesi assurda. Così come sarebbe insensato pensare che un ambiente eversivo prenda di mira una scuola, a meno che non sia un gruppo di pazzi da manicomio. Entrambe le ipotesi non tengono, a meno che non si considerino come il braccio, ma non è li che realisticamente possiamo trovare un mandante.

Sarebbe invece interessante prendere in considerazione alcune dichiarazioni di Cossiga, senza arrivare ad una conclusione affrettata:

"Un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti….L'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita…Una situazione che farebbe crescere fra la gente la paura dei manifestanti e con la paura l'odio verso di essi e i loro mandanti”

Colpire gente indifesa quindi, in modo da generare rabbia e sdegno collettivi verso l’artefice del gesto. 

Ora, qua non si tratta di manifestanti, ma il colpevole sarà presto individuato e messo alla gogna. E da questo momento, possiamo starne certi, lo sdegno generale si riferirà a qualsiasi altro atto di violenza, a qualsiasi atto non di violenza cieca ma legittima. Da questo momento lo Stato alzerà il tiro e, se già si parlava di leggi antiterrorismo, ora si considererà legittimato a stringere la morsa.

In ogni caso, ancora sono tutte congetture, magari dovremo aspettare qualche decennio perché sorgano i primi dubbi e le cose non tornino, magari si sarà trattato dell’ennesimo fatto della nostra storia che rimarrà senza una risposta chiara. Speriamo di sbagliarci.

Vincenza Bagnato

venerdì 18 maggio 2012

L'ILLUSIONE DEL CAMBIAMENTO


Capita di assistere ad ogni tornata elettorale ai sempre più frequenti trionfali isterismi da cambiamento, affidando la propria fiducia all'iniziale istinto di apparenza che com'è noto inganna.

E' accaduto con Monti in Italia e sta succedendo adesso con Hollande in Francia. Su quest'ultimo si è detto che è appunto l'uomo del cambiamento, colui che può mettere in serio pericolo non solo la stabilità europea ma le sue stesse istituzioni. Ma è davvero così? 

Si peccherebbe di grave ingenuità se si pensasse che il volto istituzionale e soprattutto quello economico possano essere cambiati così facilmente, solo con una vittoria elettorale.

Le dichiarazioni del neo presidente francese, infatti non lasciano alcun dubbio in merito. L'intento è solo quello di rendere il "fiscal compact" (il trattato il cui nodo principale è il divieto di deficit, che deve essere tradotto in legge da ogni Stato interessato) meno "fiscale" e che contenga misure per la crescita europea. 

Bisognerebbe ricordare agli amanti dei parallelismi che fu proprio Mitterand, l'uomo nella cui ombra crebbe Hollande e a cui oggi viene paragonato, a varare negli anni ottanta misure in un quadro di liberalizzazioni e privatizzazioni, e che furono proprio i socialisti francesi i più accesi fautori del trattato di Maastricht nel lontano 1992. 

Se Hollande tenterà un  cambiamento probabilmente sarà solo quello orientato ad un maggiore equilibrio nei rapporti franco-tedeschi inseriti in uno scenario di rafforzamento delle istuzioni europee e dei suoi diktat economici e non di un reale svolta. Inoltre è molto poco probabile la creazione di un'allenza socialista con l'eventuale vittoria dell' SPD tedesco nelle politiche del 2013.

Se si pensa che il principale candidato socialista alle presidenziali francesi era Dominique Strauss-Kahn (ex capo dell'FMI) e che Manuel Valls in odore di nomina a ministro o premier era tra gli invitati del club Bilderberg nel 2008 a  Chantilly (Virginia, USA) si capisce quanto i proclami di cambiamento siano fittizi, fondamentali per la vittoria di una campagna elettorale, ma poco credibili di fronte ai riscontri reali.

L'Europa necessita, oggi più che mai, di un reale mutamento, volto però al rovesciamento dei rapporti esistenti. Smarcarsi dal potere della BCE tanto per iniziare e rivendicare l'autonomia politica e umana dei popoli europei. Ecco il vero cambiamento, monsieur, le president.

Da Les Champs Elysées--Joséph Le Pennestrì

giovedì 17 maggio 2012

POLITICA, ANTIPOLITICA, APOLITICA


L’autunno sarà anche stagione di svolte, c’è chi ha vissuto l’autunno caldo della fine degli anni '60 e chi invece quello gelido appena trascorso, assistendo al ridisegnamento della cartina politica europea, dalla Spagna alla Grecia, passando per l’Italia. Rispetto ad una politica di sovranità nazionale, si è deciso di voltare pagina, passando ad una politica al soldo dell’economia e a un sistema direttamente gestito da quest’ultima, tramite “tecnici salvatori”.

Lo scenario italiano è dunque, caratterizzato da un sostegno indiscusso all’attuale governo da parte dei partiti più grandi e da un consenso generale costruito a puntino. Non è un caso che negli ultimi tempi vada di moda parlare di antipolitica, un’espressione non solo strumentale ma anche inesatta per almeno due motivi. 

Il primo è che in tal modo si tende a denigrare un movimento (più o meno condivisibile) che, al contrario di quanto si strombazza, ha una precisa linea economico-politica; checchè se ne dica le realtà del Movimento 5 Stelle sono indubbiamente più piene di contenuti e soluzioni di qualsiasi altro partito. E questo va loro riconosciuto, sebbene non condividiamo la loro scelta istituzionale. 

In secondo luogo, invece che di antipolitica, sarebbe più corretto parlare di “apolitica”, espressione che meglio dipinge la sostituzione delle poltrone del potere di cui parlavamo sopra. 

Se prima il potere economico muoveva le fila dei burattini politicanti, in questa fase prende il loro posto, comportando un cambiamento non solo formale, perché seppure anche prima i nostri governi seguivano velatamente precise direttive esterne, erano comunque in un certo modo vincolati da un sistema di pesi e contrappesi (si pensi alla riforma delle pensioni, di cui già l’ultimo governo Berlusconi si stava occupando). La presenza di forze diverse nell’arco costituzionale e la necessità di mantenere il proprio elettorato, aveva determinato difficoltà probabilmente insormontabili per l’approvazione di queste, così come di altre, riforme cosidette di “austerity”, tanto che nessun governo di destra o di sinistra sarebbe riuscito a realizzarle pienamente. 

La soluzione per rendere veloci ed efficienti le risposte ai diktat della BCE è stata sostituire i politici con tecnici, che non hanno bisogno di legittimazione popolare né sono tenuti a rappresentare la volontà della gente, in quanto chiamati a risolvere problemi finanziari, convincendoci che ciò possa (anzi debba) avvenire a nostro discapito. 

La necessità ora è quindi quella di screditare la “politica” in quanto incapace di sostenere tali difficoltà. E' noto che con la scusa dell’emergenza possono essere compiute le più grandi barbarie. 

Astrattamente quest’operazione di denigrazione sarebbe pure positiva se non fosse che è rivolta a rafforzare poteri di fondamento del sistema e non certo ad incentivare il vero cambiamento reale: quello che parte dal basso, dall’uomo libero. Quindi via con scandali che affossano interi partiti! Curioso che l’abbiano scoperto solo ora che avevamo a che fare con lupi voraci. 
 
Con questo facile attacco mediatico (facilissimo anzi, visto che i nostri politici sono assolutamente indifendibili e strapieni di scheletri nell’armadio) si prepara il terreno per le prossime elezioni quando, azzardando una previsione, i partiti correranno ai ripari cercando personalità forti, chissà, magari tecnici..! per avere qualche opportunità. Spagna docet!
 
E intanto le riforme continuano e, nella sedicente speranza di risolvere la crisi che loro stessi hanno creato, aspettiamo di versare un altro po’ di sangue con il cappio che verrà stretto al mondo del lavoro, già ora agonizzante.                                                                       

Vincenza Bagnato

mercoledì 16 maggio 2012

RIAPPROPRIAZIONE DEBITA


Ce l'avevamo, avevamo tutto e loro ci hanno tolto tutto, svuotati. Di noi è rimasto solo l'involucro destinato all'usura. Obbediamo ai comandamenti nasci, consuma, muori. 

Eravamo corpo, cuore, anima e cervello, eravamo Vivi. Avevamo la Lotta, poi ci hanno dato la guerra e uno stipendio in cambio della vita, avevamo il contatto, poi ci hanno dato uno schermo e una tastiera, avevamo amore e amicizia, poi ci hanno dato chat e siti porno, avevamo cinque sensi e li usavamo per  vivere, ora li utilizziamo per non morire, avevamo idee, poi ci hanno dato del denaro per dimenticare, avevamo la fatica e il sacrificio che onoravano i frutti di un duro lavoro, ora abbiamo il tutto e subito, avevamo il tempo che scandiva e dava il ritmo a tutto, ora abbiamo solo la fretta e la frenesia dettata dal caos, avevamo Dei a cui affidarci, energie dalle quali attingere nei momenti di sconforto e onorare nei momenti di gioia,  ci hanno tolto anche quelli. 

Tutti ce ne rendiamo conto dentro il nostro cuore e ne siamo consapevoli, ma l'orgoglio o quello che crediamo tale, ci fa dire che non è vero,che ancora abbiamo delle nostre idee e dei nostri princìpi, e li difendiamo esercitando il sacro diritto della scelta, in nome della libertà; ed è per questo che settimanalmente, al televoto, esprimiamo la nostra preferenza a chi delle contendenti dovrà uscire col palestrato di turno, perchè questi sono gli unici mezzi di scelta messi da loro a nostra a disposizione. 

E' bene cosi, ed è cosi che ci permettono di sentirci Vivi.  E' giunto il momento di dire basta e riappropriarci di tutto il sottratto. Fermiamoci, respiriamo, carichiamoci di energia nuova. Accettare la sconfitta è il primo passo verso il fallimento, chi accetta la sconfitta è loro complice. Una fiammella, alimentata da qualcosa piu grande dell'uomo ancora arde dentro ognuno di noi. Possiamo farcela. Siamo in  Primavera periodo di rinascita e battaglia, ricominciamo da oggi,  ricominciamo a dire NO!

Christian Basile