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mercoledì 28 settembre 2011

PERCHE' BORGES

Perchè Borges, aldilà di ogni ricorrenza, perchè un autore che tutto sommato fa parte di quel novecento che, come abbiamo più volte sottolineato, andrebbe superato? Probabilmente in quanto si tratta di una figura senza tempo, non è riconducibile a una categoria di pensiero ben definita.

Ci piace pensare che nel caso dello scrittore sudamericano siamo di fronte ad uno spirito libero che attraversa forme, culture, idee, modi di pensare, culti, tradizioni senza restarne particolarmente coinvolto ma, al contrario, impregnandole di sé, capovolgendo l'assunto dell'accettazione senza capacità, di critica o di riflessione, anzi, modificandone gli stessi contenuti.

Là dove il dubbio è una costante, dove si riconosce un atteggiamento virtuale della realtà e dove il sogno può diventare materia, là esistono ancora degli spazi di libertà, anche quella delle decisioni istantanee.

Se tutto è finzione, anche la vita è finzione, ma non si mente a sé stessi, perciò si tende a superare il reale in qualunque maniera, persino nella quotidianità e nella sua giornaliera continuità ed infine si ci si ritrova in un labirinto al cui centro ecco di nuovo se stessi a cercare la via di uscita, avendo già dimenticato come si è entrati, se dalla parte delle emozioni o da quella delle sensazioni.

Questo vale, in maniera "nicciana" per tutti e per nessuno. Meglio comunque se il cerchio senza potenziale uscita è un luogo che riporta all'armonia e quindi, cosa meglio di un giardino per la sua raffigurazione?

Abbiamo voluto anche intravedere in tutto ciò una sorta di parallelismo con l'attuale situazione che ci circonda, un mondo che sembra avere perso la bussola, come se l'ago, impazzito, attirato non si capisce da quale malefico magnete, non sia più in grado di tracciare la rotta, lasciando uomini e cose in un totale smarrimento sia spirituale che esistenziale.


"AND NE FORHTEDON",queste le parole sulla lapide in terra bianca,dove riposa Jorge Luis Borges a Palainplais, dall'antico gaelico "Giammai con timore".

A presto!

mercoledì 7 settembre 2011

SOLITO COPIONE


Tutto come previsto. Tutto come sempre. Viene discussa una manovra da disperazione frutto del ricatto internazionale e subito partono le ovvie e giuste proteste. Ieri è andato in onda l'ennesimo copione visto e rivisto già tante volte.

Protagonista quella colossale macchina da soldi chiamata Cgil che ricordandosi improvvisamente di essere ancora un sindacato - o almeno quello che ne rimane- ha proclamato e concretizzato uno sciopero generale di otto ore. Immaginiamo anche con i dovuti permessi. Certo bisogna ammettere che la Cgil sa come far tremare le gambe ai potenti, soprattutto internazionali. Quindi tutti a Roma per far sentire il proprio disgusto, a riempire piazze troppe volte vuote, ad ascoltare le "profetiche" parole dei vertici del sindacato tutto d'oro, e dopo tutti a casa convinti di aver fatto il proprio dovere, con il pensiero che adesso tocca ai politici votati e ai sindacati proteggere ciò che resta -ammettendo che ci sia ancora qualcosa da proteggere- delegando ancora una volta.

E' proprio nel complice gioco tra partiti e sindacati che si regge la più grande trappola ai lavoratori. Con i primi che vivono spesso nella paura per la capacità di organizzazione dei sindacati e quest'ultimi che tentano di rimanere con un piede nelle fabbriche e uno nelle istituzioni. Il risultato è un complice scambio che provoca ciò che vediamo: disoccupazione giovanile alle stelle, inutili scioperi di otto ore per non correre il rischio di fare incazzare troppo il padrone, concertazioni al ribasso sulla pelle di ogni tipo di lavoratore, milioni di euro che ogni anno entrano nelle casse dei tre principali sindacati italiani: Cgil, Cisl e Uil frutto di leggi che permettono a quest'ultimi di avere bilanci milionari segreti, sindacalisti che si riscoprono politici scoprendo quanto siano comode le poltrone in parlamento orientando il voto di migliaia di iscritti nella trappola delle urne, dove tutto cambia per rimanere uguale. Se dovessimo calcolare l'efficienza del "sistema" sindacale in base al denaro incamerato potremmo di certo affermare che in Italia non ci dovrebbe essere un solo disoccupato, e invece all'Italia spetta il record europeo di disoccupazione giovanile, con la fascia di ragazzi fino a 24 anni che raggiunge il 29,6% e gli under 35 che si attestano intorno al 1.138.000. "Scusate" il pessimismo, ma qui c'è qualcosa che non va. Anzi troppo.

Lo sciopero è un diritto e in quanto tale va esercitato e preteso, ma uno sciopero di otto ore quando la situazione interna è ormai con un piede nel baratro è praticamente inutile. Sarebbe opportuno adesso esercitare tale diritto ma ad oltranza in modo da bloccare un intero Paese, per creare le condizioni affinchè capiscano che non si gioca più alle loro regole. Senza sigle, senza segretari nazionali che fanno valere il peso di un'insensata gerarchia, senza tessere d'iscrizione, senza le passerelle di politici che tentano di cavalcare l'onda, distruggendo così il recinto entrò cui ogni giusta protesta viene spinta per poi essere sacrificata in nome dell'istituzione che vuole tutti zitti, ciechi e sordi. Riuscire ad unire un popolo troppe volte diviso e far pesare finalmente quella condizione per cui "per una legge fantastica della vita la gente che è stata fottuta s'incontra" prendendo in prestito le parole di Luis Sepulveda. E' proprio di quest'incontro che le istituzioni nostrane e straniere hanno il terrore. Se non l'avessimo ancora capito molto probabilmente siamo arrivati al punto in cui non abbiamo più nulla da perdere e ciò "coincide" con il sentiero che porta a quel che rimane di un piccolo avamposto di libertà nelle nostre vite.

Giuseppe Pennestrì