Archivio blog

sabato 23 marzo 2013

Editoriale


Questa volta l’editoriale è un’immagine, lasciamo a chi ci legge la libertà di interpretare ciò che vuole e ciò che questo scatto gli provoca. Alle volte tenersi fuori dalla confusione e lasciare libera la mente da ogni cosa può essere importante. 

A presto!

La fine della partitocrazia



Il normale paradigma della consuetudine politica sembra essersi finalmente interrotto, e se tale interruzione è solo temporanea o così forte da poter determinare un reale mutamento è ancora presto per dirlo, ma risulta evidente che il sistema partitico italiano è di fatto crollato sotto i colpi di ciò che esso stesso ha ribattezzato come "anti-politica".
Di fronte ad un parlamento bloccato gli schieramenti politici tradizionali non solo hanno perso una singola battaglia ma sono costretti a mettere in discussione la loro stessa esistenza nel quadro dell'azione politica.
Speculazioni dietrologiche a parte, il successo del Movimento 5 Stelle, oltre ad aver rovinato i piani a molti dei soliti noti, ha costretto le maggiori formazioni politiche non solo a prendere atto dell'esistenza di una componente diversa dalla loro, ma a riconoscerlo come forza politica in una visione, almeno sulla carta, completamente diversa o addirittura conflittuale alla propria. Ciò è importante per comprendere che non è una semplice questione di posizionamento politico ma di un vero e proprio conflitto fra due concezioni della politica e della democrazia parlamentare completamente diversi, in tal senso la crisi dei partiti può essere intesa non nel semplice momento storico di una normale fase politica, ma comincia a inquadrarsi in una crisi di concetto del sistema partitico, dove esso perde fortunatamente la centralità nella vita politica.
Ecco palesarsi quindi la difficoltà della politica tradizionale a rapportarsi con una forza che parla un linguaggio non contemplato dallo schema fisso del potere istituzionale, ciò porta ad un grossolano errore da parte di PD o PDL a considerare il M5S come un partito con cui si può trattare come qualsiasi altra componente istituzionale. Riproporre per esempio la classica spartizione degli spazi istituzionali in cambio della governabilità è una mossa che non può funzionare se la posizione di intransigenza di M5S rimane immutata. 
Lo scenario politico sta mutando velocemente quindi, e bisogna vedere in che direzione, se in una possibilità di stravolgimento dei cardini istituzionali e ideologici italiani ed europei o in un deludente fuoco di paglia.
Tale stravolgimento non può che essere visto positivamente dalle forze autonome esterne all'arco istituzionale, con buona pace di tutti gli intellettuali o presunti tali che firmano ridicoli appelli di "responsabilità" per un accordo che renda l'Italia governabile. C'è  un dato cari intellettuali italiani a cui non avete fatto caso o a cui non avete voluto dare la giusta importanza: la maggioranza che compone il M5S, al di là di chi ci sia dietro Grillo o chi sia realmente Casaleggio, è costituita prevalentemente da giovani che arriva a stento ai trent'anni, che per intenderci è la generazione più colpita dalle riforme, quella che si ritrova con un presente difficile e un futuro pressoché inesistente, allora la domanda è questa cari intellettuali italiani: dove eravate quando questo accadeva? 
E perdonate ora lettori se scriverò in prima persona, ma davanti a tale risma d'intellettuali mi permetto questo e altro, davanti ad un barista, a uno studente o a un disoccupato che diventa parlamentare al posto di un Gianfranco Fini, di un Di Pietro e co, invece mi tolgo tanto di cappello, nonostante le mie convinzioni di caparbio non votante, ma voi tornate dove eravate ieri, a contare i vostri euro all'ombra del sistema, che io oggi ne conto soltanto due nella mia tasca e ve li dono pure se volete, è il prezzo che do alla vostra "responsabilità".


Giuseppe Pennestrì

No al rigassificatore, con tutte le nostre forze



Dal Piemonte alla Sicilia la megalomania delle grandi e devastanti opere scuote tutta l’Italia. La scuote perché da nord a sud il messaggio di gruppi sempre maggiori di gente si fa sentire limpidamente da anni, opponendosi agli scempi imposti. E in questo quadro s’innesta l’ennesima cattedrale in un deserto fatto di disoccupazione, precarietà e in cui quindi domina il famoso ricatto lavoro-salute, con la consapevolezza per chi investe che la fame del lavoro porterà a bendarsi gli occhi su tutto il resto. Così nella piana di Gioia Tauro, in provincia di Reggio Calabria, con la complicità delle amministrazioni regionali di destra e di sinistra (da Chiaravalloti, a Loiero, a Scopelliti) si è dato corso all’iter per la costruzione del più grande rigassificatore d’Europa, con una portata di 12 miliardi di metri cubi di gas. Una bomba ad orologeria che prenderà il posto di 47 ettari di agrumeti, in un territorio già devastato dalle scorie radioattive sotto il terreno e nel mare, di cui nessuno sa niente (salvo mafia e Stato ovviamente), da due inceneritori di cui uno in fase di costruzione, e ancora da una centrale elettrica e da una biomasse. Un martoriamento continuo di un territorio che riceverebbe il suo colpo di grazia con una struttura che ha il solo scopo di far transitare il gas dalla Calabria verso il nord Europa, interessi meramente economici quindi. In breve, l’impianto trasformerebbe il gas proveniente dalle navi metaniere dallo stato liquido (GNL) allo stato gassoso, per permetterne il trasporto via terra mediante dei gasdotti. Tutto ciò utilizzando l’acqua del mare che verrebbe poi riscaricata ad una temperatura inferiore di 7 gradi e arricchita di candeggina, con un impatto devastante sull’ecosistema marino, oltre che sulle attività turistiche dell’intera costa e sulle attività di pesca che saranno totalmente stroncate. Le tubature che permetteranno il passaggio del gas dalla nave all’impianto oltretutto si troveranno a 100 metri da una scuola elementare, l’impianto a qualche centinaio di metri dai centri abitati.

I buontemponi della Lng Medgas terminal (società creata da Sorgenia -gruppo Cir- e dalla Iren) così come qualche giornalista prezzolato, parlano di “grande opportunità occupazionale”, conoscendo bene le necessità del territorio, ma ammettono essi stessi che i posti di lavoro dell’impianto, una volta costruito, saranno a mala pena cento e altamente specializzati. Tutto ciò a fronte dell’affossamento di interi settori economici, da quella agricolo, a quello turistico, a quello ittico e, non ultimo, del vicinissimo porto di Gioia Tauro, che dovrà sospendere le sue attività per un periodo complessivo annuo di 4 mesi, aggiungendo altri problemi ai migliaia di lavoratori già ora in cassa-integrazione.
Un opera che per legge rientra tra quelle "a rischio di incidente rilevante", in un’area altamente sismica, una delle zone rosse d’Italia, già distrutta da terremoti devastanti (l’ultimo in ordine di tempo nel 1908). Ma forse i signori della Lng e i vari politici che negli anni hanno prestato e prestano il braccio a questa follia non tengono conto che nel caso di esplosione di una cisterna si raderebbe al suolo mezza Calabria, poiché la nube incendiaria avrebbe un raggio di ben 55km.
D’altronde lo stesso Consiglio superiore dei lavori pubblici (massimo organo tecnico in merito a costruzioni di opere pubbliche) ha bocciato per ben due volte questo progetto, in quanto gli studi presentati risultano “incompleti e non definiti con l’estensione e gli approfondimenti necessari all’espressione di un compiuto parere sulla fattibilità dell’opera”. Good morning! Non c’è stata un'adeguata valutazione di impatto ambientale e gli unici studi effettuati sono della stessa società concessionaria, la Lng appunto.

Non sarà stato neanche un caso oltretutto che proprio nel momento delle firme autorizzative per la sua costruzione i tre comuni pianigiani di Rosarno, Gioia Tauro e San Ferdinando (i più interessati e vicini geograficamente), fossero tutti commissariati, rendendo questi ‘sì’ assolutamente illegittimi anche per chi crede nel principio “democratico”. A fortiori, è la stessa legge italiana ed europea a richiedere come necessarie l’informazione e la consultazione popolare per gli impianti a rischio di incidente rilevante. A dire il vero delle fime per un referendum a San Ferdinando sono state raccolte nel 2009, 671 a fronte di un numero complessivo di votanti pari a circa 2800: una persona su quattro quindi ha chiesto una consultazione che non è mai arrivata, perché queste firme sono nei cassetti di Roma, dimenticate da 4 anni.

L’iter per giungere alla costruzione di quest’ennesimo mostro conta ancora delle altre fasi, la concessione demaniale da parte dell’autorità portuale, che i manifestanti sono riusciti ad evitare il 6 marzo scorso, opponendosi fisicamente e pacificamente al passaggio di chi doveva votare, è stato l'ennesimo tassello ottenuto qualche giorno fa. Intanto alcuni incontri sono stati spostati lontano, a Roma o a Milano, forse perché potessero avvenire indisturbati. Ora si spera in una commissione d’inchiesta che valuti l’impatto devastante sul territorio, sull’economia e sulla salute del posto.

Intanto, indipendentemente dall'iter istituzionale, il coordinamento di associazioni e persone, nato per gridare il suo no al rigassificatore, sarà fermo ad opporsi, non gli darà tregua e non svenderà la nostra terra.
Per aggiornamenti sulla questione visita il gruppo FB “No al rigassificatore di Gioia Tauro” (http://www.facebook.com/groups/294397410614982/?ref=ts&fref=ts) e "No rigass - Calabria" (http://www.facebook.com/NoRigassCalabria?ref=ts&fref=ts).
"Ci sono molti modi di uccidere. Si può infilare un coltello nella pancia, togliergli il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra, ecc. Solo pochi di questi modi sono proibiti nel nostro Stato". (Bertold Brecht)


Vincenza Bagnato

Disconoscete il mezzo, non il credo


Fumata bianca. Nuovo pontefice. Nuovo sovrano. Nel mondo si acclama il nuovo Pietro. E guardando quel mare di folla una domanda sorge spontanea all’uomo qualunque davanti alla tivù. Lo merita? La Chiesa , i pontefici, cosa hanno fatto per l’umanità per ricevere tanto calore, tanto sincero amore? Nessuno ricorda la verità o vuole ricordarla. Eppure basta poco. Internet, un enciclopedia, un libro di storia. Hanno perpetrato un delitto imperdonabile nei confronti di un credente. E’ il loro peccato originale. Hanno preso un messaggio fantastico, incredibile quanto semplice (Amore, fratellanza, unione dei popoli, povertà) e lo hanno mutilato, ucciso per tutta la loro storia, fino ad oggi. Come? Sostenendo le crociate, istituendo la santa inquisizione e le indulgenze, soffocando ogni pensiero che fosse in contrasto con la fede, accumulando enormi ricchezze. Hanno ucciso migliaia di donne in un modo orribile, disumano. Quando e come hanno ottenuto tutto questo potere? Precisamente nel 325 d.C. quando un assemblea di semplici uomini, riuniti sotto il Concilio di Nicea , stabilì a votazione la consustanzialità del Padre e del Figlio e la nascita vergine di Gesù. Hanno divinizzato un semplice uomo per ottenere la rivelazione di Dio e , insieme ad essa, un enorme potere che si tramanda fino ad oggi. La salvezza passa per la Chiesa cattolica.
Forse sembra solo un insignificante passaggio di consegna, ma porta con se molto di più. Porta con se una speranza, ormai fioca, quasi scomparsa, che un Francesco sia diverso dai vari Paolo, Giovanni, Benedetto, Pio. Dato che oggi la Chiesa non ha nulla in comune con Dio e il suo amore, all’umanità credente serve un papa che apra le porte della Chiesa, che riveli alla luce del sole ogni cosa, dalla pedofilia agli accordi più segreti del Vaticano. Verranno tutti perdonati se ogni vescovo si dimostrerà veramente pentito per ogni peccato, per ogni ipocrisia, per tutta quella malvagità. La Chiesa deve confessarsi davanti ai propri fedeli, proferire le proprie colpe, abbandonare le ricchezze, la cupidigia, e predicare il vero messaggio. Portare vero amore e aiuto in un mondo dove molti, troppi non hanno nulla.

Matteo Impalà

mercoledì 6 marzo 2013

Adios, corazon de mi Patria!


Non aveva potuto giurare da Presidente già il 10 gennaio di questo anno per colpa della malattia che lo aveva aggredito, ma nonostante la quale per la quarta volta era tornato a guidare il suo Popolo vincendo le elezioni proprio contro i nemici della sua Terra. Con una forza che è tipica solo dei combattenti e dei credenti era riuscito ad attuare ulteriori trasformazioni sociali e a trasferire le consegne al suo vice rispetto a quello che sarà la continuità del suo Venezuela.
L'ultima foto che girava lo ritraeva circondato dall'affetto delle sue figlie, con un grande sorriso rivolto verso tutto il mondo, che sembra quasi irridere alla sorte, prendere in giro la morte e dire "Non vincerete mai", perchè questo era il suo sogno e lo ha costruito con pazienza, ridando forza e dignita ad un paese che è riuscito a liberarsi dalla tremenda protervia del governo statunitense, essendo stato da esempio anche per altre comunità latino-americane che da troppo tempo sopportano l'insulto della politica di invasione liberal-capitalista nord-americana e non solo.
Oggi non solo il Popolo Venezuelano piange la mancanza di Hugo Chavez, crediamo sia un sentimento che possa accomunare tutti gli Uomini Liberi.   

Ciò che non volevamo succedesse alla fine è accaduto. Il Presidente della Repubblica Bolivariana del Venezuela, Hugo Chavez, è morto nel pomeriggio di lunedì 5 marzo dopo una lunga malattia. Un' immane tragedia per tutte le genti dell'America Latina, ancora più terribile in questa fase di grave crisi economica. Una vita, quella di Chavez, sacrificata al suo popolo ed alla sua Patria; che sia da esempio per quanti intendono la politica come una missione e non una professione. 
Noi tutti avevamo sperato che le bruttissime notizie sulla salute fornite dai media di questo corrotto Occidente fossero false del tutto, che il Presidente Chavez non fosse realmente in fin di vita, che avesse possibilità di restare alla guida di un Paese a cui aveva dato certezze, riferimento di un intero Continente per cui era diventato Esempio di una politica dal popolo e fatta per il popolo. Ci credevamo davvero quando i fatti dicevano il contrario di quanto le varie testate giornalistiche europee e nordamericane spacciavano per verità quando parlavano di un Chavez che non avrebbe visto l'anno nuovo, che non sarebbe mai tornato vivo da Cuba (clamoroso il caso de "Il Paìs" che, dopo aver pubblicato la foto di un uomo messicano intubato e moribondo spacciandolo per il presidente venezuelano, è stata costretta a dare una smentita ufficiale il giorno  seguente), e ci credevamo ancor di più dopo il suo ritorno a Caracas; chissà, forse ci credeva anche lui oppure era solo il desiderio di morire nella sua Terra. Il cancro non ha avuto pietà di lui e della sua gente che adesso, numerosa come nelle circostanze delle vittorie ottenute sui moltissimi dei mali che affligevano il Venezuela e che sembravano sulla via della definitiva sconfitta, piange il suo Presidente. 
La quinta colonna interna al Venezuela, rappresentata dall'opposizione conservatrice e dai mezzi di (dis)informazione privata, non ha perso tempo a speculare, già dalle prime avvisaglie, sulla malattia di Hugo Chavez, telecomandati direttamente da Washington. Già si rendeva ridicola accusando il governo di violare la Costituzione (loro che hanno tra i loro massimi esponenti molte figure coinvolte nel fallito golpe del 2002) a loro dire colpevole di non dichiarare decaduto il mandato di un presidente che era stato appena rieletto. Viene da chiedersi quanto avvelenato sia l'animo di queste persone, le quali non hanno avuto rispetto nemmeno di fronte ad un uomo che lottava per la vita in un letto d'ospedale; in quest'ora buia gli avvoltoi credono di poter dare una bella ripulita alle ossa del loro nemico prima che faccia di nuovo giorno, ma non hanno fatto i conti con uomini che da molto tempo ormai hanno imparato a conoscerli e che come falchi sapranno tenerli a bada. Non sono da escludere tentativi golpisti, "soluzioni cilene" come avvenuto nel già citato golpe del 2002, fallito per merito dell'enorme massa popolare che si mosse in difesa della libertà e dell'autodeterminazione. Schierare le forze armate in tutto il Paese è da ritenersi un atto preventivo da parte del governo bolivariano sulla base della passata esperienza, una doverosa precauzione. In gioco non c'è soltanto il futuro assetto politico del Venezuela, vale a dire del Paese di riferimento per tutta quella serie di Stati latino-americani che sempre più si stanno sganciando dal giogo statunitense, ma le grandi conquiste che in ogni campo 15 anni di governo bolivariano hanno comportato devono essere difese dalle nubi provenienti da nord, mentre altri traguardi devono essere raggiunti, la battaglia deve continuare.
Che il popolo che oggi lo piange insieme a chi sarà chiamato in questo periodo di transizione politica a tenere duro di fronte ai potenti attacchi interni ed esterni di chi concepisce il mondo come un grande mercato di schiavi, non demorda e non si faccia intimorire e continui a combattere. Fino alla Vittoria.

Hasta Siempre Comandante!

Antonio e Jean