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sabato 20 ottobre 2012

ALIENAZIONE DA TERZO MILLENNIO



La notte la città pullula di vermi, dalle fogne rotte e anche da quelle chiuse vengono fuori topi grossi e maleodoranti, uomini e donne che prostituiscono sé stessi e le loro anime vagano senza sguardo per le strade appena illuminate. 

Prima o poi un diluvio universale pulirà di nuovo tutto, così Travis Bickle. 

Aggiungiamo che purtroppo sempre più spesso anche di giorno strani animali si aggirano per vie, piazze, uffici, mercati, sono questi volti che esprimono l'attuale momento esistenziale d'intere generazioni che al senso di smarrimento hanno aggiunto la consapevolezza del non-domani e dell'oggi per l'oggi.

Volendo, tutto questo potrebbe non dispiacere se è vero che ad ogni ricaduta corrisponda una risalita; bisogna quanto meno capire come questo può avvenire e soprattutto in che maniera si possono cogliere i segnali di questo ipotetico nuovo corso. 

Spesso abbiamo tracciato delle linee anche trasversali, molte volte verticali, alcune orizzontali nelle quali indicavamo dei percorsi preparatori. La diffusione della cultura come mezzo di difesa nei confronti di un'arrogante e volgare modo di vivere che sempre più permea le menti di persone che ritengono di poter fare ogni cosa senza rispetto per gli altri.

La creazione trasversale, quella si, di fatti ed eventi che mirano a fare riflettere donne e uomini sulla qualità della vita, dal mondo del lavoro a quello dell'arte, contrapponendo un modo di essere che punta alla giustizia e all'armonia rispetto a un altro che usurpa e sconvolge il vero senso delle cose.

Cambiando radicalmente il modo di pensare e di agire si può invertire l'attuale tendenza massificante che riporta a città-mercato, stati-depositi, nazioni-depositi merci, continenti-compra e vendi. Se non si ribalta questa visione della vita, le notti del mondo oltre ad essere piene di gente senz'anima saranno destinate ad albe ancora più scure. 

Non è questo ancora il tempo, ma bisogna avere la forza e l'attenzione d'interpretare i nuovi segnali. 
A presto, Antonio!

mercoledì 17 ottobre 2012

NOBEL...'AD HONOREM'



Questa lettera la rivolgo a lei, Unione Europea. Il lei è d’obbligo, è segno della distanza che intendo mantenere.

Perché  io non la conosco, sono cittadina europea sulla carta ma non sostanzialmente.  Non ho alcun legame con lei, né lo posso avere dal momento che la sua essenza più vera si ricollega a motivi economici che mi sono estranei e che lei nel tempo ha mascherato a dovere. 

Ma le vorrei ricordare che lei nasce come Comunità Economica Europea e per decenni non si è interessata  che alla realizzazione di un libero mercato (concetto deprecabile e meschino, esaltato come liberale e sviluppato, ma che di fatto si traduce nella legge del forte che soppianta il più debole). 

Poi ha capito che la difesa dei diritti della persona l’avrebbe resa più accettabile e avrebbe addolcito il suo aspetto e agevoltao il raggiungimento dei suoi obiettivi. Ci è riuscita, si è ornata di sempre maggiori diritti, badando bene alla forma, purtroppo meno alla sostanza. Anzi, ha usato questa sua vesta "umana" solo per meglio giustificare le sue politiche economiche: puntualmente ogni diritto non è effettivamente volto alla tutela della persona ma è funzionale ad altro, ai suoi interessi primari, interessi materiali. Io quindi non la conosco e, ora che per questioni territoriali sono diventata sua cittadina non posso riconoscerla, moralmente e idealmente.

In realtà neanche lei mi conosce dal momento che per lei sono solo un burattino tenuto alla formazione e al lavoro per far funzionare il suo sistema, e la mia famiglia è da lei considerata solo “l’ambito di formazione di capitale umano”. Io non sono il suo capitale.

Eppure lei determina la mia vita interferendo sui miei diritti. 

Gli oligarchi a capo del mio Stato hanno contribuito alla sua creazione, e l’hanno seguita passo passo nell’acquisizione della sua centralità, cedendole di volta in volta sempre maggiori sfere di decisione; il tutto, molto democraticamente, senza nulla chiedere a noi direttamente. E ora grazie a lei oggi posso ambire solo ad un lavoro precario; i miei diritti, di studentessa oggi e di lavoratrice domani, sono ridotti. Lei, con un volto ci "civiltà" da terzo millenio,  sta lentamente  distruggendo le briciole di welfare del mio Paese; probabilmente, grazie a lei, io non prenderò mai una pensione. Lei pretende di controllare la politica fiscale del mio Stato, intervenendo senza alcuna autorizzazione né legittimità. 

Come un desposta, si sta arrogando il diritto di decidere misure economiche e sociali degli Stati membri. 

Ma soprattutto lei ci tiene sotto scacco, avendo adottato  un sistema infallibile di dipendenza di ogni Stato nei suoi confronti.  Perché? Perché l'Italia, come gli altri Paesi della zona euro, ha ceduto al suo sistema di usura e si sa, quando si è economicamente dipendenti da qualcuno, si è assoggettati in toto.  Così grazie alla sua banca centrale abbiamo ricevuto l’euro, l’abbiamo ricevuto in prestito dai privati della sua banca. E si sa che un prestito genera l’obbligo di restituzione della somma  ottenuta e degli interessi.  Di signoraggio però non si parla…e la gente crede davvero che il debito pubblico esista.

Comunque, veniamo al motivo per cui le sto scrivendo. Volevo complimetarmi con lei, perché dopo il “meritatissimo” Obama (una pernacchia sarebbe poco fine), finalmente il nobel è toccato a lei che "da oltre sessant’anni contribuisce a promuovere pace, riconciliazione, democrazia e diritti umani in Europa". Non c’è che dire, è un orgoglio!

Mi servirebbe qualche precisazione però, perché sicuramente qualcosa mi sfugge.

Si parla di democrazia, ma l’unica sua istituzione che si avvicina (lontanamente) a questo concetto è il suo Parlamaneto, che non mi pare abbia un ruolo di rilievo nell’emanare le sue leggi. Anzi, la questione del deficit democratico è una piaga così tanto evidente che neanche gli europeisti più convinti riescono a negarla.

Poi  vorrei portare alla sua attezione dei punti della CEDU (convenzione europea dei diritti dell'uomo), diventata vincolante dopo Lisbona, che mi lasciano un po’ perplessa. 

All’art. 2 si legge: “La morte non si considera cagionata in violazione del presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi assolutamente necessario: …..  c) Per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione”. Ancora,  l’articolo 2 del protocollo n. 6 della CEDU: “Uno stato può prevedere nella propria legislazione la pena di morte per atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di guerra; tale pena sarà applicata solo nei casi previsti da tale legislazione e conformemente alle sue disposizioni ...

 Ecco, dopo aver letto questi passi, un francesismo mi verrebbe spontaneo, ma ancora una volta sarebbe poco fine. 

Si parla di diritti umani e lei ha da poco minato la libertà di protestare. Si parla di diritti e lei legittima la pena di morte. 

Si parla di pace e lei sta diventando sempre più un’unione anche militare. E poi, la pace come si concilia con l’obbligo di riarmo degli Stati membri?

Si parla di pace e lei ha avuto un ruolo determinante nell’occupazione della Libia. Molti dei suoi Stati avevano così tanto a cuore una ribellione contro Gheddafi, che l’hanno creata, foraggiata, armata e poi condotta. Ora la stessa cosa sta succedendo in Siria.

Ma io sono convinta della sua buona fede, altrimenti, se i miei dubbi avessero qualche fondamento, perché mai qualcuno si sarebbe sognato di assegnarle un nobel per la pace?

Vincenza Bagnato

sabato 13 ottobre 2012

VOTI...A RENDERE



Una delle nostre linee di tenuta, fin dalla nostra nascita, è sempre stata quella di non partecipare alla farsa elettorale, principio che vale anche per le imminenti elezioni regionali siciliane del 28 0ttobre 2012. 

Possiamo cogliere l'occasione per spiegare le motivazioni di tale scelta, cercando accuratamente di evitare le discussioni da bar del tipo "sono tutti uguali" o "sono tutti una massa di ladri", che se pur vere in certe occasioni - le ultime vicende della giunta regionale laziale lo dimostrano- a nulla servono per definire una posizione che vada oltre una banale superficialità.

Si è sentito spesso parlare, in innumerevoli occasioni, del pericolo che corre la democrazia in Italia, di una incessante situazione di grave "emergenza democratica". Ciò non è assolutamente vero. La democrazia in questo Paese non è mai stata in pericolo, perchè non è mai esistita.

E' una finzione che si rinnova continuamente. Nel sistema delle convenzionali pseudo-democrazie occidentali, il potere politico esercitato dai parlamenti è esclusivamente unidirezionale. 

Per intenderci meglio: se una determinata decisione politica riguardante la vita di interi popoli cade dall'alto verso il basso, essa per uno strano cortocircuito democratico non fa il percorso contrario, dal basso verso l'alto. Il risultato è che il popolo chiamato ad eleggere i suoi rappresentanti è di fatto estromesso totalmente dalle importanti decisioni che essi prendono. 

Nessuno ha mai chiesto agli italiani, per esempio, se volessero l'Unione Europea, Maastricht, l'Euro, il trattato di Lisbona etc... Nessuno ha mai chiesto ai siciliani se volessero un ponte sullo stretto, le trivellazioni in val di Noto, o il Muos il nuovo sistema radar che uccide.

Il malinteso da risolvere per la maggioranza degli italiani è che la repubblica non è fondata su un reale principio democratico ma su un astutissimo quanto spregevole regime di scelte condizionate che investe ogni aspetto della vita quotidiana.
L'apice di questo condizionamento in politica, si risolve con il momento elettorale.

Nel caso specifico delle elezioni siciliane, questo condizionamento diventa ancora più evidente in virtù di ragioni ben conosciute, tutte dettate dalle forze in campo e dalla loro indubbia capacità d'imporsi. Lo strumento per mantenere lo "status quo" è sempre lo stesso e fa leva sulla reale paura di un'intera popolazione: il lavoro. Il terrore della miseria che paralizza le coscienze rendendole del tutto permeabili ad ogni tipo di messaggio di finta soluzione.

Il problema principale in Sicilia -e con qualche protagonista diverso nel resto d'Italia- è il vuoto politico frutto di una vera e propria spartizione di potere tra politica e mafia. Alla prima il consenso, alla seconda il territorio. Una favorisce l'altra e viceversa. 

Attraverso la politica il cancro mafioso posiziona le sue pedine ai posti di comando conquistando la gestione del territorio, di contro la politica può accedere al consenso oppurtunamente condizionato di queste intere sacche di territorio. Non diciamo nulla di nuovo, visto che questa spartizione è vecchia quanto la repubblica. 

A peggiorare la situazione si aggiunge anche la fitta rete clientelare ordita ad ogni livello della società, sia per il ricco come per il più povero, tutti alla ricerca del santo in paradiso. A livello nazionale basta sostituire la mafia, con il potere finanziario dei colossi bancari, il nodo scorsoio degli accordi economico-militari internazionali e il gioco è fatto.

In entrambi i casi il popolo subisce la volontà decisionale non avendo nessuna voce in capitolo, salvo  nel momento elettivo in un surrogato totalmente inutile di democrazia.

L'inganno in cui l'elettore s'imbatte è nell'assecondare quel pensiero che vuole il politico come solo strumento di una buona amministrazione, di una sorta di onesto e preciso burocrate dei servizi esistenti. E' falso. 

Alla politica deve spettare anche il compito di scegliere il modo con cui intervenire nella società, le linee fondamentali della sua gestione, ed è proprio in questo snodo fondamentale che la politica ha abdicato e il popolo viene tagliato fuori, lasciandolo invece "libero" di scegliere quale ordine di burocrati dovrà gestire un sistema che non dovrà cambiare. 

Ogni elezione, siano politiche o amministrative, non fa altro che mantenere e rinnovare questo schema fisso.

Si potrebbe attribuire a questa linea di pensiero il pericolo di non permettere, con il proprio rifiuto, l'avanzata nei punti decisionali di forze realmente alternative. Questo punto di criticità, potrebbe rivelarsi vero, qualora esistano effettivamente delle forze in campo capaci di rompere questo circolo vizioso. 

In tutto il territorio italiano e quindi locale non esiste ad oggi nessuna componente in grado di ricoprire questo importante ruolo. Tutt'al più esistono gruppi minoritari o singole individualità la cui azione in questo senso si muove su un piano di semplice contingenza -ed è già un risultato- ma niente di più.

Questa posizione che senz'altro può apparire intransigente, non deve essere intesa come un rifiuto del principio democratico in sé stesso che vede il popolo realmente partecipe della vita politica, ma è l'esercizio del nostro sacrosanto diritto di non porgere il fianco a finzioni, strumentalizzazioni, meschini accordi, ipocrisie, spartizioni di potere e poltrone di chi dice di voler cambiare la Sicilia, ma che sarà soltanto un altro "passacarte" la cui sfera d'influenza finisce dove ne comincia un'altra.

Perchè dovremmo sottoporci a tale falso meccanismo? Perchè dovremmo chiamare libertà o democrazia qualcosa che non si avvicina neanche lontanamente al loro significato? Solo perchè esiste un'urna elettorale dove infilare il proprio diritto?  E perchè lo fai tu elettore? Per amicizia? Per dovere civico? Perchè anche tu intravedi la possibilità nelle elezioni di barattare il tuo voto? Non basta. 

È perchè teniamo a quel principio che prevede la partecipazione attiva e diretta del popolo alle decisioni di un paese, siano esse di qualunque natura, che non possiamo accettare il richiamo di una menzognera cabina elettorale. Non vogliamo gli avanzi della loro democrazia.

Avremmo potuto parlarvi in queste righe di percentuali e sondaggi che non avranno alcun valore una volta varcata la soglia dell'ARS, delle possibilità di vittoria di un Crocetta o di un Musumeci, ma lasciamo questo compito a uno qualunque dei quotidiani dalle cui pagine -se avete stomaco- leggerete dei fieri candidati, del loro guardarsi in cagnesco negli incontri ufficiali, e mai delle loro strette di mano per la divisione delle poltrone quando nessuno vede. 

Nel frattempo le solite minacciose "nuvole" coprono ancora il sole di Sicilia.

Giuseppe Pennestrì





sabato 6 ottobre 2012

TEHERAN E I "NON ALLINEATI"




Negli ultimi giorni di agosto si è tenuto il vertice del Movimento dei Non Allineati. Organizzazione nata ufficialmente nel 1961 sulla spinta dell'allora presidente della Yugoslavia Tito, dell'Egitto Nasser e dell'India Nerhu. Lo scopo era di smarcarsi dal dominio e dalle ingerenze delle politiche imperialiste delle maggiori potenze e il rifiuto di rimanere intrappolati nella politica dei due blocchi che si affrontavano nello scenario della guerra fredda. Ad oggi aderiscono 120 Paesi.

Ad attirare l'attenzione di Stati Uniti e dell'immancabile Israele non è tanto lo svolgimento del suddetto vertice ma il luogo dove esso si è tenuto. Per l'incontro del 2012 la città scelta è stata infatti Teheran, e sarà ancora l'Iran a tenere la presidenza del movimento fino al 2015.

Le preoccupazioni di Washington e Tel Aviv, e quindi dei loro servi, sono tali da spingere il Dipartimento di Stato USA a "chiedere" al presidente egiziano Mohamed Morsi e a Ban Ki- Moon, Segretario Generale ONU, di non partecipare. Preoccupazioni che nascono tutte dalla presenza iraniana a tale vertice. 

Innanzitutto questo può rappresentare una piccola crepa nella politica di isolamento che da tempo subisce l'Iran  dando a quest'ultimo l'occasione di stringere rapporti diplomatici per aggirare gli ostacoli della politica atlantista e di affrontare la crisi siriana senza il peso diretto dei colossi "occidentali".

La presenza del presidente egiziano Morsi è stata un'altra fonte di "disagio" per la politica USA, in quanto è significativa per il miglioramento dei rapporti fra Teheran e Cairo dopo l'era Mubarak, ma l'Egitto è ancora troppo imbrigliato nelle rete dei suoi finanziatori- Qatar e FMI su tutti- perchè Morsi possa compiere un passo decisivo in questo senso.

C'è da chiedersi quanto oggi questo movimento abbia un reale peso nella politica internazionale e quale sia la sua effettiva credibilità. Domanda che sorge istintivamente nel momento in cui si dà uno sguardo alla lista dei paesi appartenenti. 

Se l'Arabia Saudita o il Qatar, giusto per fare qualche esempio, fanno parte di un movimento di "non allineati" va da sè che qualcosa forse va rivista. Se il NAM che oggi rappresenta la seconda più grande organizzazione dopo l'asservito ONU vuole essere l'alternativa libera dai giochi delle solite superpotenze  deve sforzarsi di fare chiarezza sulla propria struttura e sugli obiettivi da perseguire. 

La presidenza iraniana potrebbe portare un vento di rinnovamento per i "non allineati" traghettandoli nel 2012, ridando quindi nuovo vigore e importanza a tale movimento in una visione reale di co-esistenza tra paesi e popoli che vada oltre la pur sacrosanta difesa del proprio territorio. Il dubbio se mai è se questo lo si vuole davvero. 

Se dei paesi di solito inascoltati si sono incontrati per dialogare nella Teheran di oggi, di certo è un avvenimento positivo. Che questo a Stati Uniti e Israele piaccia o no.