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sabato 13 ottobre 2012

VOTI...A RENDERE



Una delle nostre linee di tenuta, fin dalla nostra nascita, è sempre stata quella di non partecipare alla farsa elettorale, principio che vale anche per le imminenti elezioni regionali siciliane del 28 0ttobre 2012. 

Possiamo cogliere l'occasione per spiegare le motivazioni di tale scelta, cercando accuratamente di evitare le discussioni da bar del tipo "sono tutti uguali" o "sono tutti una massa di ladri", che se pur vere in certe occasioni - le ultime vicende della giunta regionale laziale lo dimostrano- a nulla servono per definire una posizione che vada oltre una banale superficialità.

Si è sentito spesso parlare, in innumerevoli occasioni, del pericolo che corre la democrazia in Italia, di una incessante situazione di grave "emergenza democratica". Ciò non è assolutamente vero. La democrazia in questo Paese non è mai stata in pericolo, perchè non è mai esistita.

E' una finzione che si rinnova continuamente. Nel sistema delle convenzionali pseudo-democrazie occidentali, il potere politico esercitato dai parlamenti è esclusivamente unidirezionale. 

Per intenderci meglio: se una determinata decisione politica riguardante la vita di interi popoli cade dall'alto verso il basso, essa per uno strano cortocircuito democratico non fa il percorso contrario, dal basso verso l'alto. Il risultato è che il popolo chiamato ad eleggere i suoi rappresentanti è di fatto estromesso totalmente dalle importanti decisioni che essi prendono. 

Nessuno ha mai chiesto agli italiani, per esempio, se volessero l'Unione Europea, Maastricht, l'Euro, il trattato di Lisbona etc... Nessuno ha mai chiesto ai siciliani se volessero un ponte sullo stretto, le trivellazioni in val di Noto, o il Muos il nuovo sistema radar che uccide.

Il malinteso da risolvere per la maggioranza degli italiani è che la repubblica non è fondata su un reale principio democratico ma su un astutissimo quanto spregevole regime di scelte condizionate che investe ogni aspetto della vita quotidiana.
L'apice di questo condizionamento in politica, si risolve con il momento elettorale.

Nel caso specifico delle elezioni siciliane, questo condizionamento diventa ancora più evidente in virtù di ragioni ben conosciute, tutte dettate dalle forze in campo e dalla loro indubbia capacità d'imporsi. Lo strumento per mantenere lo "status quo" è sempre lo stesso e fa leva sulla reale paura di un'intera popolazione: il lavoro. Il terrore della miseria che paralizza le coscienze rendendole del tutto permeabili ad ogni tipo di messaggio di finta soluzione.

Il problema principale in Sicilia -e con qualche protagonista diverso nel resto d'Italia- è il vuoto politico frutto di una vera e propria spartizione di potere tra politica e mafia. Alla prima il consenso, alla seconda il territorio. Una favorisce l'altra e viceversa. 

Attraverso la politica il cancro mafioso posiziona le sue pedine ai posti di comando conquistando la gestione del territorio, di contro la politica può accedere al consenso oppurtunamente condizionato di queste intere sacche di territorio. Non diciamo nulla di nuovo, visto che questa spartizione è vecchia quanto la repubblica. 

A peggiorare la situazione si aggiunge anche la fitta rete clientelare ordita ad ogni livello della società, sia per il ricco come per il più povero, tutti alla ricerca del santo in paradiso. A livello nazionale basta sostituire la mafia, con il potere finanziario dei colossi bancari, il nodo scorsoio degli accordi economico-militari internazionali e il gioco è fatto.

In entrambi i casi il popolo subisce la volontà decisionale non avendo nessuna voce in capitolo, salvo  nel momento elettivo in un surrogato totalmente inutile di democrazia.

L'inganno in cui l'elettore s'imbatte è nell'assecondare quel pensiero che vuole il politico come solo strumento di una buona amministrazione, di una sorta di onesto e preciso burocrate dei servizi esistenti. E' falso. 

Alla politica deve spettare anche il compito di scegliere il modo con cui intervenire nella società, le linee fondamentali della sua gestione, ed è proprio in questo snodo fondamentale che la politica ha abdicato e il popolo viene tagliato fuori, lasciandolo invece "libero" di scegliere quale ordine di burocrati dovrà gestire un sistema che non dovrà cambiare. 

Ogni elezione, siano politiche o amministrative, non fa altro che mantenere e rinnovare questo schema fisso.

Si potrebbe attribuire a questa linea di pensiero il pericolo di non permettere, con il proprio rifiuto, l'avanzata nei punti decisionali di forze realmente alternative. Questo punto di criticità, potrebbe rivelarsi vero, qualora esistano effettivamente delle forze in campo capaci di rompere questo circolo vizioso. 

In tutto il territorio italiano e quindi locale non esiste ad oggi nessuna componente in grado di ricoprire questo importante ruolo. Tutt'al più esistono gruppi minoritari o singole individualità la cui azione in questo senso si muove su un piano di semplice contingenza -ed è già un risultato- ma niente di più.

Questa posizione che senz'altro può apparire intransigente, non deve essere intesa come un rifiuto del principio democratico in sé stesso che vede il popolo realmente partecipe della vita politica, ma è l'esercizio del nostro sacrosanto diritto di non porgere il fianco a finzioni, strumentalizzazioni, meschini accordi, ipocrisie, spartizioni di potere e poltrone di chi dice di voler cambiare la Sicilia, ma che sarà soltanto un altro "passacarte" la cui sfera d'influenza finisce dove ne comincia un'altra.

Perchè dovremmo sottoporci a tale falso meccanismo? Perchè dovremmo chiamare libertà o democrazia qualcosa che non si avvicina neanche lontanamente al loro significato? Solo perchè esiste un'urna elettorale dove infilare il proprio diritto?  E perchè lo fai tu elettore? Per amicizia? Per dovere civico? Perchè anche tu intravedi la possibilità nelle elezioni di barattare il tuo voto? Non basta. 

È perchè teniamo a quel principio che prevede la partecipazione attiva e diretta del popolo alle decisioni di un paese, siano esse di qualunque natura, che non possiamo accettare il richiamo di una menzognera cabina elettorale. Non vogliamo gli avanzi della loro democrazia.

Avremmo potuto parlarvi in queste righe di percentuali e sondaggi che non avranno alcun valore una volta varcata la soglia dell'ARS, delle possibilità di vittoria di un Crocetta o di un Musumeci, ma lasciamo questo compito a uno qualunque dei quotidiani dalle cui pagine -se avete stomaco- leggerete dei fieri candidati, del loro guardarsi in cagnesco negli incontri ufficiali, e mai delle loro strette di mano per la divisione delle poltrone quando nessuno vede. 

Nel frattempo le solite minacciose "nuvole" coprono ancora il sole di Sicilia.

Giuseppe Pennestrì





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