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martedì 10 luglio 2012

SPEGNI LA TV, ACCENDI IL CERVELLO


 Oggi che la situazione generale sta crollando a picco, con la messa in discussione del nostro presente e del nostro futuro, appare chiaramente un fenomeno che già da tempo interroga e preoccupa: il totale assopimento della gente. La passività e la rassegnazione di fronte alla rarefazione delle certezze di oggi, dal diritto allo studio alla sanità al lavoro, e al dissolvimento delle certezze di domani, dalle difficoltà di trovare un’occupazione fino alla flebile opportunità di percepire una pensione.

 Se è vero che la storia della nostra Repubblica è stata da sempre vincolata dallo sporco gioco capitalista, che necessita dello sfruttamento della forza lavoro per far funzionare gli ingranaggi della produzione-profitto, è anche vero che questo sistema nel tempo si è affinato, andando alla fine a coincidere con i meccanismi finanziari che attualmente determinano la sorte del nostro come degli altri Stati. 

Ingabbiati da un sistema creato ad hoc di debito pubblico infinito e di interessi improponibili, in un assetto internazionale che trova nella speculazione il suo motore e che da essa e con essa determina la politica di interi popoli.

 Questa la situazione che nel tempo si è consolidata, facendo leva su una sostanziale ignoranza generale. Fino ad ora, panem et circenses e un abbozzo di welfare hanno reso poco tangibile il fango che determina la nostra politica. E nonostante questo, la coscienza di persone e movimenti non è mai mancata, trovando il suo picco massimo nei lontanissimi anni 60 e 70.

 Ma ora è diverso, ora che i meccanismi strutturali impongono un asservimento totalizzante, ora che ci stanno depauperando di ogni cosa, della vita stessa, per gonfiare tasche di poteri già giganti, qual è la reazione?

 L’atteggiamento generale è di non curanza, di accettazione passiva di ogni privazione imposta, dalla perdita del lavoro, allo svilimento del sistema dell’istruzione, all’aumento indiscriminato di tasse e costi, all’abbattimento di reali possibilità di occupazione, al disfacimento del sistema pensionistico.

 E, paradossalmente, questa immobilità è maggiormente presente tra i giovani, da sempre considerati il motore di ogni cambiamento. Le nuove generazioni sembrano perfettamente adattate ad un sistema che le vuole automi apatici. Pensano solo al loro presente, non si fanno troppe domande, non hanno quell’impulso di ribellione proprio della loro età. È come se si fosse consolidata la rassegnazione di dover vivere in un certo modo, come oggetti che si fanno trascinare dalla corrente senza opporre resistenza.


E dal momento che il modo di vivere è strettamente collegato al modo di pensare, le ragioni di questo atteggiamento possono forse ricondursi ad uno dei problemi più gravi dei nostri tempi:la manipolazione delle menti, che rappresenta la vera chiave di sopravvivenza di questo sistema.

Decenni di indottrinamento grazie ai media ci hanno indirizzati verso un atteggiamento e un modo di pensare servile, distogliendoci dalla focalizzazione dei meccanismi che determinano la nostra vita e spingendoci a vivere sopravvivendo, come tanti burattini o animali da soma, accettando un sistema che funziona a nostro discapito.
  
Liberarsi da una televisione che stordisce e da mezzi di comunicazione corrotta da cui passano verità distorte, è il primo passo verso la presa di coscienza di quanto sta accadendo.
  
Quanto ancora ci dovranno togliere prima di svegliarci, semmai questo sonno generale possa avere fine?

Vincenza Bagnato

lunedì 9 luglio 2012

NATURALMENTE DIVERSI


Tra le tante ipotesi che tentano di spiegare cosa sia di fatto l'uomo ne emerge una che ci svela una caratteristica fondamentale: " L'uomo è un animale sociale".
 L'essere "sociale" dell'uomo implica l'esistenza di un istinto in lui connaturato: cercare altri simili e relazionarsi ad essi. 

La condivisione delle relazioni nasce per il singolo individuo a partire dal contesto familiare. Il bacino si arricchisce poi con le relazioni "al di fuori" nel contesto sociale. Ogni individuo dunque da sempre abituato a vivere con i suoi simili rifiuta la solitudine se prolungata proprio perché per natura ha bisogno di vivere con altri individui, ciò fa dunque parte della sua indole. Nel relazionarsi si rende conto che gli altri differiscono da lui per comportamenti, pregi e difetti,in sostanza, si rende conto della diversità altrui.

 Forse sarà partita da questa constatazione, l'aggregazione tra uomini affini per modo di pensare e comportamento che ha portato alla formazione di classi sociali e delle prime barriere fra gli individui. 

Una fra le classi, formata da pochi individui, decise di piegare le altre alla sua volontà, la classe è chiamata infatti dominante. Nel corso della storia si è ciclicamente assistito a conflitti tra "i pochi uguali", i capitalisti e i "molti diversi" il popolo. 

Movente di tutto il dio danaro, che crea la "disuguaglianza" tra chi ne è più fornito e tra chi ne è meno fornito. 

Nella società odierna sembra che tutti siamo assopiti. Non vogliamo più vedere quello che ci fa male. Abbiamo accolto la disuguaglianza sociale nelle nostre case soprattutto nelle nostre menti. Camminiamo coi paraocchi e iniziamo a pensare di più al nostro tornaconto, visto che nessuno è più tutelato ed esporsi per difendere i propri diritti spesso non conviene. 

Questo modo di pensare è segnato dalla paura e dall'assurda concezione che le cose non cambino. Il cambiamento esiste perché si trova dentro ogni uomo che segue la propria coscienza. 

Non dimentichiamo che una società civile non può essere definita tale se al suo interno permane la disuguaglianza. La nostra naturale diversità non può essere calpestata perché è la nostra forza , ci predispone al cambiamento, annulla la possibilità di ristagno ideologico.
  
"L'individuo deve essere concepito come membro della società, come organo attivo della volontà collettiva, nella sua esistenza particolare, nel suo "essere così" . Nessun privilegio sociale può essere concesso a un singolo come tale o a una classe speciale. " (So-Sein).

Maria Francesca Spadafora

venerdì 6 luglio 2012

MOLTITUDINI IN CATENE


Mentre ci accingiamo a portare a compimento per il secondo anno consecutivo quello che riteniamo un impegno importante nei confronti di chi da tempo ci segue (ci riferiamo al reading letterario sul secondo autore ribelle che presenteremo il trenta giugno nell'ottica di quella che per noi è la reale visione politica che si denota attraverso un'azione culturale), assistiamo né sconvolti né dispiaciuti a quanto avviene attorno a noi sul territorio nazionale. 

Ormai la farsa della quale trattiamo in un altro articolo del nostro giornale sta raggiungendo livelli da cabaret mediatico che, se non fosse per la necessità delle esigenze del popolo italiano, meriterebbe bel altro proscenio. Anche in questo caso senza ovvietà ci riferiamo al triste balletto inscenato dai vari partiti politici che proponendosi apertamente al ruolo di lacchè della finanza internazionale cercano, agitandosi, di offrire il proprio miserabile corpo e quello dei propri elettori, ai veri padroni del vapore.

Come prostitute che nella notte brillano di luce propria, non avendone però la dignità, tentano di rimediare un posto per continuare a sopravvivere; tutto questo a discapito del popolo italiano che invece, sempre più spesso ormai, speriamo riscopra il concetto di leggittimare la propria autodifesa. 

Tentando il più possibile di abbandonarli al loro destino restando il più possibile lontani dalle urne, e soprattutto dopo, cerchiamo di individuare nuove forme di rappresentanza politica, ovviamente né grilline né civiche, ma di reale autodeterminazione in maniera tale da poter fronteggiare un sistema, che nel corso degli anni - ci duole ripetere tristi parole che speriamo non fungano da presaggio - è stato sempre e comunque vessatorio, intimidatorio e nemico del popolo stesso. 

A questo miriamo nel rivolgerci alle coscienze di chi ci legge: una sana presa di posizione che seppur dura e rigida, possa garantire diritto e dignità a chi necessità di legittima difesa da uno Stato nemico. 

Inoltre vogliamo - e ci ripromettiamo di farlo con maggiore analisi politica - ricordare ai nostri lettori che ci pare evidente come l'area del Mediterraneo, soprattutto quella Nordafricana e Mediorientale stia riprendendo la sua caratteristica di polveriera pronta ad esplodere. 

Il tradimento perpetrato ai danni d'interi popoli che alla ricerca di una nuova identià avevano tentato di lanciare una nuova primavera politica e le infiltrazioni malevole di chi continua indisturbato a perpetrare soprusi ed abusi in territori e in regioni che neppur lontamente sarebbero di propria competenza, ci induce a pensare che quanto prima qualcosa possa muoversi per esempio tra Damasco e Tel Aviv o tra Il Cairo e Tunisi.  

È fin troppo evidente purtroppo che in questo momento l'Europa non può assolvere al compito che sempre la storia le aveva dato, imbrigliata com'è nelle trappole tese dalla finanza mondiale attraverso i peggiori rappresentanti che mai erano apparsi in territorio europeo. 

Ci chiediamo, verrà un momento in cui moltitudini di persone, di Uomini Liberi da concetti e preconcetti, che ancora oggi rappresentano catene invisibili, ma riappropriatisi della vera identità dell'essenza umana, possano capovolgere situazioni delle quali non vorremmo mai occuparci?

Preferiremmo parlare del futuro dei nostri figli, di Paesi e luoghi senza frontiere e barriere, preferiremmo non discutere di mercati e azioni ma parlare di pensieri, idee e azioni. 

Chiudiamo ricordando, così come siamo partiti, che spesso ciò che traccia la differenza tra una visione del mondo e un'altra è credere in un sogno e per questo Lottare.

Antonio Toscano

giovedì 5 luglio 2012

FARSA ALL'ITALIANA


Le capacità del governo tecnico guidato da Mario Monti hanno senz'altro qualcosa di miracoloso. A ben guardare infatti sono stati capaci di realizzare ciò che altri non erano riusciti minimamente a pensare. Non bastavano già i disoccupati "tradizionali", i lavoratori flessibili che si flettono sempre ad  un dato angolo che non è difficile immaginare, e i precari che diventeranno poi nuovi disoccupati. 

Ai tecnici non bastava ancora, dando uno sguardo al complesso mondo dell'economia italiana e con tutta la creatività che riescono a esprimere sono riusciti nella difficile impresa di creare un nuovo tipo di disoccupato: l'esodato. 

E' una nuova italica creatura per metà lavoratore e per metà pensionato, ma che a causa della tradizionale tendenza italiana per le eterne incompiute ha finito con non l'essere né l'uno né l'altro. 

Condizione abbastanza particolare quella dell'esodato nell'Italia del 2012, in pensione prima del previsto -la legge italiana lo permetteva-  si è visto, appena giunto sulla soglia della tanto agognata pensione, sbattuta la porta in faccia dal nuovo padrone di casa che nel frattempo ha cambiato le regole, finendo con non l'avere né un lavoro né una pensione. 

Ed è a questo punto che arriva l'unica cosa puntuale in questo Paese: la farsa. Nessuno sa dire il numero preciso degli esodati. Via quindi con la battaglia delle cifre. Per la Fornero sono circa 60 mila, 390 mila invece per l'INPS che ormai assomiglia sempre più alla "megaditta" di fantozziana memoria. Fortunatamente il numero preciso non è stato chiesto alla Questura, altrimenti non sarebbero arrivati a più di una decina.

In sette mesi nessuno ha saputo dare una risposta precisa né per quanto riguarda il numero, né per una eventuale soluzione. Oltre la battaglia dei numeri e la richiesta delle teste dei vertici INPS da parte della Fornero, quest'ultima ha proposto di dividere gli esodati in due blocchi: per i primi 60mila (gli esodati 2013)  è pronta una copertura economica mentre per tutti gli altri si vedrà, per dirla in parole povere, quando ci saranno i soldi. 

Di quanto ci si possa fidare di un ministro italiano lo prova l'esistenza stessa degli esodati. Diventa chiara e palese quindi la domanda che inevitabilmente non si può non porre: è  una questione di numeri o di volontà? 

Perchè è davvero difficile credere che la terza economia europea non sappia il numero di una parte della sua cittadinanza quando sappiamo bene quanto oggi uno Stato sia in grado di controllare e conoscere qualunque dato riguardi i suoi cittadini. 

A onor del vero sembra che il ministro Fornero stia solo prendendo tempo in cerca di una soluzione che non sconvolga i piani economici per i quali il governo Monti è stato chiamato a governare, che non mandi in frantumi la loro efficiente aria da primi della classe costruita ad hoc per l'italiano medio di cui faremmo volentieri a meno. Sembra piuttosto che non ci sia la reale volontà di dare ciò che agli esodati spetta di diritto.

Anche prendendo per buona la battaglia sulle cifre il risultato e le considerazioni non mutano di certo. Basta fare un esempio per capire e riflettere: in Italia si conosce meglio il numero di cani nei canili che quello degli esodati.

Risulta evidente quanto la Repubblica Italiana con tutte le sue istituzioni tenga in considerazione i suoi cittadini, ai quali chiede continui sacrifici ma che non esita ad abbandonarli quando questi sono in difficoltà. 

D'altra parte si nota come anche gli esodati, 60 o 390 mila che siano, abbiano fatto poco -salvo poche eccezioni- per far valere le proprie ragioni, attendendo che il sistema burocratico italiano e qualche ministro si ricordi di loro, ignorando che sono gli stessi a cui ora si rivolgono ad averli resi esodati e che adesso si prende gioco di loro. 


Giuseppe Pennestrì