Questa lettera la rivolgo a lei, Unione Europea. Il lei è
d’obbligo, è segno della distanza che intendo mantenere.
Perché io non la
conosco, sono cittadina europea sulla carta ma non sostanzialmente. Non ho alcun legame con lei, né lo posso
avere dal momento che la sua essenza più vera si ricollega a motivi economici
che mi sono estranei e che lei nel tempo ha mascherato a dovere.
Ma le vorrei
ricordare che lei nasce come Comunità Economica Europea e per decenni non si è
interessata che alla realizzazione di un
libero mercato (concetto deprecabile e meschino, esaltato come liberale e
sviluppato, ma che di fatto si traduce nella legge del forte che soppianta il
più debole).
Poi ha capito che la difesa dei diritti della persona l’avrebbe
resa più accettabile e avrebbe addolcito il suo aspetto e agevoltao il
raggiungimento dei suoi obiettivi. Ci è riuscita, si è ornata di sempre
maggiori diritti, badando bene alla forma, purtroppo meno alla sostanza. Anzi, ha usato questa sua vesta "umana" solo per meglio giustificare le sue
politiche economiche: puntualmente ogni diritto non è effettivamente volto alla tutela della persona ma è funzionale ad altro, ai suoi interessi
primari, interessi materiali. Io quindi non la conosco e, ora che per questioni
territoriali sono diventata sua cittadina non posso riconoscerla, moralmente e
idealmente.
In realtà neanche lei mi conosce dal momento che per lei
sono solo un burattino tenuto alla formazione e al lavoro per far funzionare
il suo sistema, e la mia famiglia è da lei considerata solo “l’ambito
di formazione di capitale umano”. Io non sono il suo capitale.
Eppure lei determina la mia vita interferendo sui miei
diritti.
Gli oligarchi a capo del mio Stato hanno contribuito alla sua
creazione, e l’hanno seguita passo passo nell’acquisizione della sua
centralità, cedendole di volta in volta sempre maggiori sfere di decisione; il
tutto, molto democraticamente, senza nulla chiedere a noi direttamente. E ora grazie
a lei oggi posso ambire solo ad un lavoro precario; i miei diritti, di
studentessa oggi e di lavoratrice domani, sono ridotti. Lei, con un volto ci "civiltà" da terzo millenio, sta lentamente distruggendo le briciole di welfare del mio
Paese; probabilmente, grazie a lei, io non prenderò mai una pensione. Lei
pretende di controllare la politica fiscale del mio Stato, intervenendo senza
alcuna autorizzazione né legittimità.
Come un desposta, si sta arrogando il
diritto di decidere misure economiche e sociali degli Stati membri.
Ma soprattutto lei ci tiene sotto scacco, avendo adottato
un sistema infallibile di dipendenza di
ogni Stato nei suoi confronti.
Perché? Perché l'Italia, come gli altri Paesi della zona euro, ha ceduto al
suo sistema di usura e si sa, quando si è economicamente dipendenti da
qualcuno, si è assoggettati in toto.
Così grazie alla sua banca centrale abbiamo ricevuto l’euro, l’abbiamo
ricevuto in prestito dai privati della sua banca. E si sa che un prestito
genera l’obbligo di restituzione della somma
ottenuta e degli interessi. Di
signoraggio però non si parla…e la gente crede davvero che il debito pubblico
esista.
Comunque, veniamo al motivo per cui le sto scrivendo.
Volevo complimetarmi con lei, perché dopo il “meritatissimo” Obama (una
pernacchia sarebbe poco fine), finalmente il nobel è toccato a lei che "da
oltre sessant’anni contribuisce a promuovere pace, riconciliazione, democrazia
e diritti umani in Europa". Non c’è che dire, è un orgoglio!
Mi servirebbe qualche precisazione però, perché
sicuramente qualcosa mi sfugge.
Si parla di democrazia, ma l’unica sua istituzione che si
avvicina (lontanamente) a questo concetto è il suo Parlamaneto, che non mi pare
abbia un ruolo di rilievo nell’emanare le sue leggi. Anzi, la questione del
deficit democratico è una piaga così tanto evidente che neanche gli europeisti
più convinti riescono a negarla.
Poi vorrei portare
alla sua attezione dei punti della CEDU (convenzione europea dei diritti
dell'uomo), diventata vincolante dopo Lisbona, che mi lasciano un po’ perplessa.
All’art. 2 si legge: “La morte non si considera cagionata in violazione del
presente articolo se è il risultato di un ricorso alla forza resosi
assolutamente necessario: ….. c)
Per reprimere, in modo conforme alla legge, una sommossa o un’insurrezione”.
Ancora, l’articolo 2 del protocollo n. 6
della CEDU: “Uno stato può prevedere nella propria legislazione la pena di
morte per atti commessi in tempo di guerra o in caso di pericolo imminente di
guerra; tale pena sarà applicata solo nei casi previsti da tale legislazione e
conformemente alle sue disposizioni ...”.
Ecco, dopo aver letto questi passi, un
francesismo mi verrebbe spontaneo, ma ancora una volta sarebbe poco fine.
Si parla di diritti umani e lei ha da poco minato la
libertà di protestare. Si parla di diritti e lei legittima la pena di morte.
Si parla di pace e lei sta diventando sempre più
un’unione anche militare. E poi, la pace come si concilia con l’obbligo di
riarmo degli Stati membri?
Si parla di pace e lei ha avuto un ruolo determinante
nell’occupazione della Libia. Molti dei suoi Stati avevano così tanto a cuore
una ribellione contro Gheddafi, che l’hanno creata, foraggiata, armata e poi
condotta. Ora la stessa cosa sta succedendo in Siria.
Ma io sono convinta della sua buona fede, altrimenti, se
i miei dubbi avessero qualche fondamento, perché mai qualcuno si sarebbe
sognato di assegnarle un nobel per la pace?
Vincenza Bagnato
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