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sabato 19 maggio 2012

BRINDISI: PAGLIA SUL FUOCO, UN DÈJA VU


Sarà anche presto per avanzare ipotesi e analisi, ma la nostra storia parla chiaramente. 

Se voltiamo per un attimo lo sguardo indietro (non molto indietro, a qualche decennio fa), ci rendiamo conto di come al crescere della tensione sociale della fine degli anni sessanta, ha fatto seguito un’escalation di violenza; dagli attentati mirati (con odore di infiltrazioni “Statali”) alle stragi, da Milano a piazza Fontana, a Gioia Tauro, a Brescia a piazza della Loggia, fino alla strage di Bologna. In mezzo, la crisi economica degli anni 70. Il quadro di ieri è cambiato certamente sotto diversi profili; ad esempio oggi i movimenti dei lavoratori sono debolissimi e hanno un peso praticamente inesistente, la situazione economica è addirittura peggiore di quella determinata dalla crisi del ‘29, la situazione internazionale in cui l’Italia s’inquadra è totalmente cambiata.

Eppure se la storia insegna qualcosa, è inevitabile non accorgersi delle analogie.

La crisi sta determinando una tensione sociale potenzialmente altissima, fatti recentissimi sono una gambizzazione, bombe e, sul piano personale, suicidi. Certamente non ci troviamo in condizioni di facile gestione, a maggior ragione se pensiamo a come le cose sono peggiorate con le ultime riforme che hanno tolto gli ultimi pezzetti di pane a chi ne aveva già poco e a come peggioreranno con le riforme in fase di preparazione. 

Ci diranno sicuramente presto chi è stato, è semplice! O la mafia o ambienti eversivi. Già ce lo stanno dicendo! Troveranno un colpevole e tutti saremo indignati.
Conosciamo anche questo, la nostra storia ce l’ha già mostrato. Ed è per questo che magari a questi fatti seguiranno insabbiamenti e indagini soffocate, sospese, riprese, abbandonate. 

Ma che motivo avrebbe la mafia per colpire una scuola? Se vogliamo prenderci in giro e credere alle favolette pur di avere una risposta, va bene. Ma se vogliamo fare un’analisi seria, sembra un’ipotesi assurda. Così come sarebbe insensato pensare che un ambiente eversivo prenda di mira una scuola, a meno che non sia un gruppo di pazzi da manicomio. Entrambe le ipotesi non tengono, a meno che non si considerino come il braccio, ma non è li che realisticamente possiamo trovare un mandante.

Sarebbe invece interessante prendere in considerazione alcune dichiarazioni di Cossiga, senza arrivare ad una conclusione affrettata:

"Un'efficace politica dell'ordine pubblico deve basarsi su un vasto consenso popolare e il consenso si forma sulla paura, non verso le forze di polizia, ma verso i manifestanti….L'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio un vecchio, una donna o un bambino, rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti: basterebbe una ferita lieve, ma meglio sarebbe se fosse grave, ma senza pericolo per la vita…Una situazione che farebbe crescere fra la gente la paura dei manifestanti e con la paura l'odio verso di essi e i loro mandanti”

Colpire gente indifesa quindi, in modo da generare rabbia e sdegno collettivi verso l’artefice del gesto. 

Ora, qua non si tratta di manifestanti, ma il colpevole sarà presto individuato e messo alla gogna. E da questo momento, possiamo starne certi, lo sdegno generale si riferirà a qualsiasi altro atto di violenza, a qualsiasi atto non di violenza cieca ma legittima. Da questo momento lo Stato alzerà il tiro e, se già si parlava di leggi antiterrorismo, ora si considererà legittimato a stringere la morsa.

In ogni caso, ancora sono tutte congetture, magari dovremo aspettare qualche decennio perché sorgano i primi dubbi e le cose non tornino, magari si sarà trattato dell’ennesimo fatto della nostra storia che rimarrà senza una risposta chiara. Speriamo di sbagliarci.

Vincenza Bagnato

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