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venerdì 18 gennaio 2013

Editoriale numero 24


Potrebbe trattarsi di uno stato momentaneo di coscienza alterata, alterata da tutta una serie di analisi e di relative conclusioni dalle quali, tuttavia, non si può prescindere. Anche se solo per definizione e non per convinzione si definisce così una situazione dell’anima quando tutto quello che può essere di intralcio per il giusto sviluppo del nostro essere diventa parecchio insopportabile, non come peso da sostenere, ma proprio come insostenibile nel viverlo quando ci sarebbe altro, appunto, da vivere. La confusione odierna che, magari come in altri periodi potrebbe facilmente essere disvelata, diviene momento di abbandono, di lasciare perdere e lasciarsi andare anche verso altro pur di respirare, di sentire nuove atmosfere, di nuova aria. Viene facile il paragone con colui che, stanco di nuotare o debole per affrontare, si affida al mare e alla sua corrente per essere trasportato ovunque, purché cambi la sua condizione, e di nuotatore in mare sereno e di lottatore in mare in tempesta. Similitudine solo in apparenza semplice, in quanto non si tratta né di abbandono né di un rifiuto perché in entrambi i casi si tratterebbe di annegamento. Per cui ci riferiamo ad un diverso atteggiamento di natura esistenziale, ad un diverso approccio alle cose, certi che nelle vicinanze vi siano isole per nuovi approdi. Al momento, tutto questo necessita di uno stato di leggerezza. Consapevole, ma pur sempre leggerezza. Questo odierno accapigliarsi provoca disgusto, non per il suo senso apparente di irreversibilità ma proprio per il suo stesso quotidiano. Tutto sembra prendere una direzione di marcia, come dire, distante, impalpabile, melliflua, fumosa, densamente fumosa. Una nebbia che appare e scompare con una rapidità impressionante, con una velocità sconosciuta, oggi, ieri, domani, e tutto quello che c’è dentro perde, ha perso e perderà senso, consistenza, alfabeto, dinamica, centro. La ruota del tempo, e non per effetto visionario, non solo gira al contrario o sembra ferma; non c’è. Semplicemente non c’è. Questo produce che si voglia o no, due effetti. Il primo è un inevitabile ed inconsapevole senso di smarrimento. L’altro è la ricerca di un vuoto parallelo colmabile. Eppure, in entrambi i casi, si può celare qualcosa che riteniamo nuovo, una condizione per più strati vissuta, da larghe fasce attraversata, che ricadrebbe inevitabilmente sulla vita degli uomini determinando forse una nuova visione del mondo, regolandone le esistenze in maniera diversa. Quando si passa da una accezione personale ad una più generale, probabilmente si commette un vecchio errore generazionale; ma pur rendendosi conto di quanto questo possa essere difficile e complicato, rimane l’esigenza del perché debba essere fatto. E dato che si auspicava all’inizio un taglio alle comunicazioni,  sapendo quanto disturbo può creare l’interruzione delle trasmissioni è a questo che ci riferiamo. Creare disturbo, disturbare i programmi… a tutti i livelli!

Antonio Toscano



"Immortale è chi accetta l'istante, chi non conosce più un domani."

C. Pavese

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