E'
finita. Finalmente. Gli abitudinari dell'urna hanno placato la loro fame,
"grilli" non attraversano più lo Stretto e vecchi e nuovi maestrini
di educazione civica in preda a terrori mistici, non vedendo più i quattro
cavalieri dell'astensionismo annunciare la fine della democrazia, hanno smesso
di dar lezioni su quanto sia utile, giusto e santo recarsi a votare.
Con
il 30,47% dei voti i siciliani hanno in Rosario Crocetta il nuovo nome su cui
sfogare i lamenti dei loro malanni. Adesso che i vincitori inaugurano la
"nuova" politica e gli sconfitti si leccano le ferite meditando
vendetta, nel più deprimente e squallido teatrino politico del Mediterraneo le
urla della campagna elettorale lasciano il posto al silenzio dell'attesa su chi
saranno gli "unti" da Crocetta che potranno fregiarsi del titolo di
assessore.
Terra di esperimenti politici, la
Sicilia ha da sempre anticipato, o ne è stata la prova definitiva, i futuri
equilibri che poi si sono formati a livello nazionale. Il centrodestra è quasi
sparito dalla circolazione -ed era anche ora- lasciando l'ex sindaco di Messina
Buzzanca senza più nulla da rovinare, mentre per le truppe di FLI, dato il
fallimento elettorale e la natura del loro leader, parlare di futuro è ormai
fuori luogo.
Nell'altra sponda di questo triste e
inquinato mare, il PD rinsalda l'asse con l'UDC e già si parla di futuri
ministri di governo figli di questo Frankenstein della politica, mentre le
forze di sinistra -ammesso che non si siano estinte- devono ancora capire cosa
vogliono essere nel 2012.
Vi sono due dati che queste elezioni
hanno evidenziato: il risultato già annunciato del movimento 5 stelle e quello
dell'astensionismo.
Per i primi è forse giunto il momento
della verità e adesso dovranno dimostrare di avere quella maturità politica che
finora è mancata che va ben oltre il compito di scompigliare un po' le carte in
tavola. Ma nel loro percorso devono necessariamente tenere in conto che la
Sicilia non è Parma.
L'astensionismo
record è stato invece l'assoluto protagonista della scena, non ha votato infatti più della metà dei
siciliani.
Quest' ultimo dato può essere inteso
positivo solo se dietro tale scelta vi sia una riflessione che vada oltre quel
colpevole disinteresse che accompagna i disastri politici e sociali in ogni
angolo di Sicilia.
Immancabile è stato quell'entusiasmo
idiota figlio della percentuale del dopo elezioni, che fa gridare già al
cambiamento, al vento che sta cambiando, ignorando che i numeri sono una cosa e
il popolo siciliano e l'ARS un'altra.
Come se bastasse un volto e un nome nuovo
o il naturale mutare delle bandiere politiche a cambiare in meglio la sorte di
questa disgraziata terra.
Se è pur vero che è necessario un totale cambiamento
di rotta, questo deve passare dall'intima volontà del popolo siciliano.
Ma forse aveva ragione quel "Don Fabrizio", uscito dalla penna di Tomasi di Lampedusa , che insisteva a dire: "i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria; ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche, se si tratti di Siciliani, per indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla; calpestati da una decina di popoli differenti essi credono di avere un passato imperiale che dà loro diritto a funerali sontuosi".
Ma forse aveva ragione quel "Don Fabrizio", uscito dalla penna di Tomasi di Lampedusa , che insisteva a dire: "i Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria; ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche, se si tratti di Siciliani, per indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla; calpestati da una decina di popoli differenti essi credono di avere un passato imperiale che dà loro diritto a funerali sontuosi".
Che bell'isola sarebbe quella
che avesse la forza e la capacità di smentire quel tal
"Don Fabrizio".
Giuseppe Pennestrì
Giuseppe Pennestrì
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