Oggi che la situazione generale
sta crollando a picco, con la messa in discussione del nostro presente e del
nostro futuro, appare chiaramente un fenomeno che già da tempo interroga e
preoccupa: il totale assopimento della gente. La passività e la rassegnazione
di fronte alla rarefazione delle certezze di oggi, dal diritto allo studio alla
sanità al lavoro, e al dissolvimento delle certezze di domani, dalle difficoltà
di trovare un’occupazione fino alla flebile opportunità di percepire una
pensione.
Se è vero che la storia della
nostra Repubblica è stata da sempre vincolata dallo sporco gioco capitalista,
che necessita dello sfruttamento della forza lavoro per far funzionare gli
ingranaggi della produzione-profitto, è anche vero che questo sistema nel tempo
si è affinato, andando alla fine a coincidere con i meccanismi finanziari che
attualmente determinano la sorte del nostro come degli altri Stati.
Ingabbiati
da un sistema creato ad hoc di debito pubblico infinito e di interessi
improponibili, in un assetto internazionale che trova nella speculazione il suo
motore e che da essa e con essa determina la politica di interi popoli.
Questa la situazione che nel
tempo si è consolidata, facendo leva su una sostanziale ignoranza generale.
Fino ad ora, panem et circenses e un abbozzo di welfare hanno reso poco
tangibile il fango che determina la nostra politica. E nonostante questo, la
coscienza di persone e movimenti non è mai mancata, trovando il suo picco
massimo nei lontanissimi anni 60 e 70.
Ma ora è diverso, ora che i
meccanismi strutturali impongono un asservimento totalizzante, ora che ci
stanno depauperando di ogni cosa, della vita stessa, per gonfiare tasche di
poteri già giganti, qual è la reazione?
L’atteggiamento generale è di
non curanza, di accettazione passiva di ogni privazione imposta, dalla perdita
del lavoro, allo svilimento del sistema dell’istruzione, all’aumento
indiscriminato di tasse e costi, all’abbattimento di reali possibilità di
occupazione, al disfacimento del sistema pensionistico.
E, paradossalmente, questa
immobilità è maggiormente presente tra i giovani, da sempre considerati il
motore di ogni cambiamento. Le nuove generazioni sembrano perfettamente
adattate ad un sistema che le vuole automi apatici. Pensano solo al loro
presente, non si fanno troppe domande, non hanno quell’impulso di ribellione
proprio della loro età. È come se si fosse consolidata la rassegnazione di
dover vivere in un certo modo, come oggetti che si fanno trascinare dalla
corrente senza opporre resistenza.
E dal momento che il modo di vivere è strettamente collegato al modo
di pensare, le ragioni di questo atteggiamento possono forse ricondursi ad uno
dei problemi più gravi dei nostri tempi:la manipolazione delle menti, che
rappresenta la vera chiave di sopravvivenza di questo sistema.
Decenni di indottrinamento
grazie ai media ci hanno indirizzati verso un atteggiamento e un modo
di pensare servile, distogliendoci dalla focalizzazione dei meccanismi che
determinano la nostra vita e spingendoci a vivere sopravvivendo, come tanti
burattini o animali da soma, accettando un sistema che funziona a nostro
discapito.
Liberarsi da una televisione
che stordisce e da mezzi di comunicazione corrotta da cui passano verità
distorte, è il primo passo verso la presa di coscienza di quanto sta accadendo.
Quanto ancora ci dovranno
togliere prima di svegliarci, semmai questo sonno generale possa avere fine?
Vincenza Bagnato
Vincenza Bagnato