Il
distacco tra le decisioni delle istituzioni politiche ed economiche e la realtà
quotidiana di chi le subisce e delle frange di opposizione che tentano di
frenare l'avanzata dei tecnocrati non è solo un male italiano ma coinvolge
l'intera Europa.
In Spagna in risposta all'ultimo sciopero generale del 29
marzo contro la manovra tutta tagli e tasse di 30 miliardi di Mariano Rajoi è
arrivato un ulteriore taglio di 10 miliardi
ai danni di sanità e istruzione.
Fedeli al detto "un colpo al
cerchio e uno alla botte" il governo spagnolo ha annunciato anche una
riforma penale volta alla repressione di chi si oppone. Si discute di includere
in tale provvedimento reati quali "resistenza passiva o attiva",
"attentato alle autorità", "delitto di partecipazione a
organizzazione criminale" e arresti preventivi. Tutto pur di bloccare sul
nascere manifestazioni non preordinate con tanto di permesso.
In
Romania, dopo le privatizzazioni delle imprese pubbliche, l'aumento dell'Iva al
24%, la diminuzione del 25% per gli stipendi pubblici, tagli alla maggior parte
dei sussidi sociali, a fine aprile-come se nulla fosse accaduto-l'Fmi busserà
alla porta di Bucarest per la revisione degli accordi dei prestiti di 5,4
miliardi nel 2011 e 20 nel 2009.
In Grecia le stime dell'Unicef parlano di 439 mila
bambini che sofforno la fame. Il 25% della popolazione ha raggiunto ormai la
soglia di povertà. Ma il 20 aprile, poveri o no, il governo Papademos approverà
il piano di ricapitalizzazione delle banche greche con l'aiuto previsto di 50
miliardi dell' accoppiata Ue e Fmi.
Tale distanza non fa altro che evidenziare lo strapotere della finanza
mondiale gravato tutto sulle spalle dei popoli, inchiodati invece ad un'economia
reale da fame, creando un ulteriore abisso tra i sempre più ricchi e i sempre
più poveri, lasciando quest'ultimi ai margini, fuori da ogni potere
decisionale, importanti solo come merce.
Almeno fino a quando la misura non
sarà colma e non decideremo di dire basta.
Giuseppe Pennestrì
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