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venerdì 27 aprile 2012

LAVORO: SANGUE DELLA CRISI


Dati alla mano, parlare della situazione del lavoro oggi è come stilare un bollettino di guerra. 

Dalla condizione dei lavoratori, alla dilangante disoccupazione, all’aumento dei cassintegrati, alla chiusura di migliaia di piccole e medie imprese e ai conseguenti licenziamenti. Il quadro che ne esce è catastrofico e, sebbene in modi diversi, concerne occupati e non. 

Secondo i dati Ocse la disoccupazione nel nostro Paese ha raggiunto il 9,3%, ciò significa che colpisce ormai quasi una persona su 10. Certo, in Spagna il tasso è del 23,3 ma, mal comune mezzo gaudio? Difficile accettarlo in questi casi, l’unico sentimento plausibile forse è sdegno, rabbia. 

E soprattutto i giovani hanno poco di che sperare: secondo l’istat infatti il tasso di disoccupazione relativo alla fascia dei 15-24enni attivi si attesta al 32,6%; in altri termini, un giovane su 3 è tristemente a spasso. Al sud infine addirittura una donna su 2 non ha lavoro. 

C’è poi chi il lavoro lo perde e con esso le certezze sul futuro: Nel 2011 sono state presentate in Italia 1.337.898 domande di mobilità, con un aumento vertiginoso proprio tra il novembre dell’insediamento del messia Monti e dicembre..quando si dice miracoli! 

Tutto questo in nome di una crisi inventata ad arte ma i cui effetti sono più che reali. 

Solo nel 2011, secondo i dati della Cgia di Mestre, oltre 12mila aziende hanno chiuso per fallimento; ben 50mila persone hanno perso il lavoro. Il settore più in crisi è il tradizionale, quello agricolo: Coldiretti denuncia la chiusura di più di 50mila aziende nel settore.  

A conferma dei tempi tristi che stiamo vivendo, altri numeri, quelli dei morti suicidi per il lavoro o i debiti: gli ultimi dati a riguardo, diffusi dalla Cgia di Mestre ne rilevano un aumento del 24% dal 2008 al 2010. Ma solo in quest’ultimo mese se ne contano una decina, dall’inizio dell’anno sono più di venti. 

Queste sono le tremende conseguenze di un liberismo sfrenato, dell’interesse economico che prevale sulla vita, di una concorrenza che non sente ragioni e trascina con la sua ferocia i più deboli. 

E finchè accetteremo passivamente il capovolgimento dei valori, che ormai da qualche secolo predomina, le vie d’uscita sembrano inesistenti. 

Assoggettati alle logiche capitaliste del profitto, che intanto si sono affinate e trovano oggi più che mai espressione nei meccanismi che muovono le fila di quanto accade nei singoli Stati, tramite diktat imposti da BCE ed FMI, oltre che dai soliti immensi poteri economici nazionali e sovranazionali. 

Tutto ciò è la dimostrazione più lampante di come questo sistema abbia fallito, di come ci voglia ridurre a meri ingranaggi strumentali al suo funzionamento. 

Non è più tempo di lasciare che la storia si radichi in questo vortice senza uscita di denaro che chiama denaro. L’alternativa c’è e parte dall’abbattimento globale di questa struttura economica, per ritornare ad essere persone e non automi chiamati a produrre e consumare finchè non diventiamo scarti da buttare.
Vincenza Bagnato

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