Il
punto non è la mancanza di libertà o diritti in questo o in quell'altro
"Stato canaglia", (altrimenti ce ne sarebbero, secondo questa logica,
guerre da combattere anche contro avversari di gran lunga più forti e
potenti della piccola Siria, a cominciare dalla Cina); di fatto quello
che si sta verificando oggi in Siria è il tentativo di consolidare il
potere anglo-americano in un Mediterraneo da inglobare totalmente dentro
"l'impero", creando ad arte tensioni e crisi di vario genere atte a
cambi di regime per la formazione di governi filo-yakee che permettano
lo sfruttamento di quelle terre sia dal punto di vista economico che
politico.
Anche
in Siria gli USA usano il solito metodo dimostratosi efficace in molte
altre occasioni nel corso dei decenni (ultimo caso la Libia):
contingenti di irregolari senza reale peso politico tra la popolazione,
fedeli alla linea statunitense che si dichiarano portavoce del popolo e
che vengono presentati come tali dai prezzolati mediaoccidentali.
Nel
caso siriano (come il quello libico) questi sono gruppi di
fondamentalisti islamici armati dalla CIA (Waghshington Post, 18 aprile
2011) che stanno attaccando con metodi terroristici il governo del quale
gli USA e i suoi obbedienti alleati si vogliono sbarazzare. La risposta
governativa è stata ed è, naturalmente e legittimamente, di natura
militare.
Ovviamente
i mezzi di(dis)informazione, come al solito, non potevano di certo
esimersi dal raccontarci la solita solfa delle presunte stragi di massa
da parte delle forze armate regolari sui civili, legittimando quindi
l'ipotesi che gli "esportatori di democrazia" intervengano militarmente
per "liberare" i siriani che in massa, a loro dire, richiedono il loro
"aiuto".
Niente
di più falso, oggi in Siria come ieri altrove. Basti dire che il New
York Times, il 13 gennaio di quest'anno, ha dovuto ammettere che
"l’affluenza in piazza Sabaa Bahrat a Damasco ha sottolineato ancora una
volta il grado di sostegno che Assad e la sua dirigenza godono fra
molti siriani dopo quasi sette mesi di sollevazione popolare.
Questo
appoggio è particolarmente forte in città come Damasco e Aleppo, le due
maggiori del paese". D'altronde si continuano a spacciare per
manifestazioni antigovernative immagini e video che in realtà mostrano
manifestazioni pro-governative; i vessilli del partito al potere, le
bandiere di Stato e soprattutto i ritratti di Bashar Assad che si notano
in queste "manifestazioni di protesta" non sarebbero certo graditi a
chi sta con i "ribelli".
Ed
anche Henry Kissinger ammette che "la grande maggioranza dei siriani
sta con Assad e il paese ha l’appoggio dell’Iran, Russia e Cina", per
poi aggiungere: "Dobbiamo continuare a mantenere alte le fiamme che
abbiamo acceso e farla bruciare internamente. Noi non possiamo
rinunciare ai nostri interessi e dobbiamo continuare e destabilizzare la
Siria per ottenere ciò che vogliamo".
E
dal maggio 2011 stanno tentando di farlo ma come quella straordinaria
potenza che fu l'Impero Mongolo sono stati costretti a fermarsi proprio
davanti le mura di Damasco. Il nostro augurio è che quelle mura
rimangano inviolate e che solo e soltanto il popolo siriano sia artefice
del proprio destino.
Jean Trouvè
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