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martedì 26 luglio 2011

QUELL’ULTIMO CENTIMETRO


Dal numero di Giugno-Luglio.

C’è rimasto un ultimo centimetro di libertà, un centimetro è piccolo e fragile, ma è tutto quello che abbiamo.

In un sistema politico che ci fa credere di partecipare, che ci fa sentire attivi, quando in realtà la rappresentanza dei nostri politici è assolutamente priva di reale rappresentatività, ci resta ancora quell’ultimo centimetro di reale condivisione della cosa pubblica, gli strumenti di democrazia diretta.

Non è certo molto, soprattutto se si considera quanto poco tali mezzi siano utilizzati e lo è ancora di meno se si riflette sulla loro effettiva capacità di incidere sulle scelte politiche: non dimentichiamo che una proposta di legge popolare relativa all’acqua pubblica è nei cassetti (si spera non dell’immondizia, anche se ormai poco importa) già da anni…dimenticata!

Questo potrebbe portare a pensare che la democrazia diretta non piace molto e se si può se ne fa a meno; basta considerare come il precedente referendum sul nucleare stava per essere dribblato con assoluta tranquillità: una legge e poi centrali a go go; oppure si pensi ai tentativi di disinformazione per evitare il raggiungimento del quorum.

Allora, seppure i tentativi di strumentalizzazione come sempre non sono mancati, stavolta non sono riusciti ad affossare forze libere che da sole hanno raggiunto il loro obiettivo. E se una parte cercava di mettere i bastoni tra le ruote, l’altra con la solita nonchalance, tentava di strumentalizzare anche questa causa, portandola avanti senza una reale e piena condivisione: “L’acqua è un bene di rilevanza economica”, questo era ciò che dicevano fino all’anno scorso, cioè sostenevano proprio una delle norme che sono state abrogate con il referendum.

Il referendum comunque si è fatto. E i risultati sono stati positivi, non solo per i suoi numeri e per aver scongiurato seri pericoli come la privatizzazione dell’acqua o il nucleare ma soprattutto per quello che ha significato in termini politici.

In primis c’è da considerare che alla campagna d’informazione e sensibilizzazione ha partecipato anche una fetta rilevante di persone che normalmente non fanno politica e non se ne occupano (politica da intendersi nel senso più alto); ciò in quanto si trattava di temi troppo importanti per potersi permettere di disinteressarsi.

Ma soprattutto è stato lampante come questa causa abbia attivato non questa o quella parte politica, ma persone senza colore, che si stavano vedendo disconoscere per l’ennesima volta, e in questo caso in modo non troppo velato, dei diritti che non dovrebbero neppure essere messi in discussione.

Non è mancata, come sempre avviene in questi casi, l’attività di diverse realtà di parte; ma ciò che a noi piace sottolineare è l’apporto di gente libera, che ha creduto in qualcosa e ha contribuito a perseguirla senza doversi prima mettere addosso un’etichetta.

È da persone così che bisogna ripartire per evitare insensate contrapposizioni basate spesso solo sul colore della propria bandiera, anche quando c’è una condivisione di obiettivi e idee.

Siamo convinti che la chiave per costruire un reale contropotere non possa prescindere dal superamento di tali divisioni, in modo che ciò che contino siano i contenuti e le idee, detto in altre parole, la sostanza e non la forma. Questo è quanto avvenuto nei mesi scorsi e che ci auguriamo avvenga per altre battaglie, magari più incisive.

Vincenza Bagnato.

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