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mercoledì 27 luglio 2011

MEDITERRANEO DI FUOCO


Dal numero di Giugno-Luglio di Costruire Contropotere.

L'unico dato certo nel tentare di leggere ciò che sta avvenendo in tutta l'area del Mediterraneo è la sua completa destabilizzazione, e la possibilità che possa peggiorare di certo non è poi così fantasiosa.

In Libia i ribelli foraggiati dai terroristi della Nato, che sembra non avere una precisa strategia, guadagnano faticosamente terreno. Conflitto nel quale gli U.S.A non intendono impiegare alcun soldato a causa della situazione non proprio felice dell'economia americana e probabilmente per non rischiare un nuovo pantano di tipo afghano, lasciando il ruolo di aguzzini alla servile Europa. Nel frattempo sul piano economico viene interrotto il contratto con l'italiana Eni.

In Egitto, ancora in mano ai militari, il futuro sembra tutt'altro che roseo con il popolo egiziano che ha finalmente iniziato a comprendere che in fondo non è cambiato un bel nulla dalla cacciata di Mubarak e nel frattempo ricominciano a occupare piazza Tahrir. Difficile capire quale direzione si voglia imprimere alla politica egiziana. A chi verrà affidato il compito di assumere il potere dovrà innanzitutto mettere d'accordo i diversi tasselli che compongono il mosaico della società egiziana, compito per niente semplice.

La situazione della Siria per alcuni versi è ancora più delicata. Sottoposta ad un attacco mediatico, economico e militare con presunte infiltrazioni da parte di mercenari stranieri sotto il comando Washinghton e Tel Aviv, con la piena complicità dell'Arabia Saudita. Impegnata quindi fra il difficile mantenimento del potere e la concessione delle riforme promesse. Mentre in Bahrein le rivolte oltre che represse nel sangue vengono completamente oscurate dai media occidentali.

Bisogna precisare che le presunte rivoluzioni scoppiate mesi fa si basano fondamentalmente su problemi economici e sociali reali della gran parte dei popoli interessati. La crisi economica mondiale assolutamente voluta non ha fatto altro che inasprire una situazione di per se già abbastanza difficile, contribuendo ad innescare una miccia allestita a dovere dalle democrazie "occidentali" amanti della destabilizzazione, che continuano ancora a soffiare sul fuoco per loro esclusivo e sporco interesse.

Il classico bastone fra le ruote potrebbe diventare quell'Islam politico a volte sottovalutato altre "aiutato" che potrebbe aumentare ulteriormente i propri consensi in seno al popolo e guastare per un attimo i piani di dominio delle solite centrali internazionali. Se la speranza è rappresentata da quest'ultima ipotesi ciò dovrebbe in qualche modo dare la misura di quanto la scena politica sia pessima.

L'Europa dal canto suo deve guardarsi dal non essere risucchiata dal cosidetto "effetto Grecia", ma non crediamo che i rappresentanti politici europei abbiano buone intenzioni, nel migliore dei casi consegneranno i vari Paesi nelle mani dell'FMI, oppure fungerà per l'ennesima volta da "stampella" alla prossima guerra statunitense.

Fortunatamente il vento delle proteste comincia a soffiare anche in Europa, con i greci già da tempo impegnati su questo fronte e le piazze spagnole apparentemente pronte ad esplodere. Ci chiediamo quando questo vento arrivi in Italia privo però del fetido puzzo delle solite ideologie e delle ormai onnipresenti strumentalizzazioni.

Giuseppe Pennestrì

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