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sabato 28 maggio 2011

UN'ALLODOLA DI NOME BOBBY SANDS


Lo spirito ribelle degli anni '70, che ha dato luogo a quelli che passeranno al secolo come Anni di piombo e che ha visto tanti giovani lottare per un FUTURO migliore ma che invece purtroppo vide un solo vincitore: il sistema, realizzò in Irlanda la spinta ribellista che diede luogo ad un innalzamento del livello della lotta per l'indipendenza di sei delle nove province dell'Ulster rimaste sotto il controllo del Regno Unito, successivamente alla dichiarazione d'Indipendenza dell'Irlanda.

O sarebbe meglio dire che l'Inghilterra, dopo aver detenuto il potere nella colonia Irlanda per secoli, quando non è più riuscita a mantenere il controllo su tutta l'isola decise di tenersene una parte, quella più ricca ed industrializzata per lasciarla ai figli dei coloni protestanti che secoli prima aveva usato per insinuare il proprio dominio. Utilizzando per i propri fini, come in ogni conquista che si rispetti, la pulizia etnica.

Ovviamente la cara vecchia Inghilterra non poteva che usare metodi “eleganti” e subdoli. Così la lotta tra colonizzatori e colonizzati venne trasformata in una lotta tra ricchi e poveri, borghesi ed operai, ma sopratutto tra protestanti e cattolici. I cattolici vennero (e tutt'ora vengono) discriminati, privati dei loro diritti fondamentali, e della dignità; ed un popolo fiero così umiliato ed offeso non poteva che ribellarsi.

Questo il contesto in cui agisce Robert Gerard Sands, la cui vita e morte, nonostante siano passati ormai 30 anni, continua ad essere uno dei simboli della lotta per riunificazione dell'Irlanda.
Sands era un ragazzino quando decise di arruolarsi nell'IRA ed aveva poco più di 26 quando morì dopo 4 anni passati nei H Block's del campo di concentramento di LongKesh.

La morte arriverà dopo una serie di proteste, culminate con 66 giorni di sciopero della fame, portate avanti sia dai detenuti di Long Kesh che dalle compagne di Armagh, per ottenere il riconoscimento dello status di prigionieri politici e, di conseguenza, per differenziarsi dai comuni criminali.

Si iniziò con la blanket protest: i detenuti dell'IRA chiesero di poter indossare abiti civili e non la divisa della prigione. Non essendogli stato concesso, decisero di coprirsi solamente con una coperta. A questa, presto si aggiunse la dirty protest, scaturita dell'abitudine dei secondini di picchiare duramente i detenuti quando lasciavano le cella e di sottoporli alla pratica dello strip search (perquisizioni delle parti intime, tutt'oggi praticate), cosicché si decise di non lasciare le celle, di spalmare i propri escrementi sulle pareti delle celle e urinare in dei secchi. Culmine della protesta appunto lo sciopero della fame, in cui, oltre Sands persero la vita altri 9 attivisti.

C'è da chiedersi se oggi, a 30 anni di distanza, nonostante il clamore e la rabbia a cui diedero luogo la morte di Sands e le vicende di tutti coloro che lottarono per l'autodeterminazione del popolo irlandese, non sia stato tutto vano visto che l'Irlanda continua ad essere sotto il giogo britannico e coloro che decidono di opporsi allo status quo continuano a venire duramente picchiati, e privati della loro dignità.

E c'è da chiedersi se uno Stato ha il diritto di trattare così gli oppositori, e se ci sia differenza tra le nostre “democrazie occidentali” e le dittature, che con droni, bombe e soldati vanno, con tanto orgoglio a combattere contro le libertà dei popoli.

Da Belfast, Diane McCornick

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