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sabato 23 aprile 2011

L'INSOSTENIBILE PESO


Cinquanta metri è tutto finisce. Cinquanta metri e la disperazione non può più agguantarti.
In pochi secondi una vita non è più tale e forse non lo era più da tempo. Morire fisicamente dopo essere stato ucciso dentro, ogni giorno, può apparire l'unica via d'uscita. Uccidersi a 40 anni perchè non si riesce a trovare un lavoro è una notizia già sentita, forse non degna della ribalta nazionale, specialmente in Sicilia, terra che di sangue ne ha visto troppo. Per chi è ancora Umano, abituarsi è impossibile oltre che criminale.
Un corpo senza vita è ciò che resta di un uomo, di un padre e di un marito, giudicato sicuramente colpevole di debolezza da chi del coraggio ne fa un dovere e non un sentire. Reale responsabile è una società profondamente malata che ha fatto del lavoro strumento di schiavitù fisica ma soprattutto mentale e spirituale, chi di un diritto fondamentale ne ha fatto un compromesso figlio del clientelismo, di accordi sotto banco, di professionisti della precarietà, di signori dell'usura legale e non, dell'ultima concertazione sindacale su ciò che invece è indiscutibile.
Un salto nel vuoto perchè la disoccupazione fa più paura della morte stessa. Un salto dal bordo di un'autostrada simbolo grigio dell'usura del progresso e si rinnova la marcia trionfale dei padroni del mondo sui corpi straziati dei Popoli. Stavolta sulla nostra Terra. Ancora. Guardate sulle spalle di quell'uomo e vedrete ancora le mani impresse di chi lo ha spinto. Guardate negli occhi dei figli e ci ritroverete, nonostante tutto, la Speranza. Atto d'accusa? No. Non abbiamo l'abitudine del dito puntato. Amiamo solo la Verità.
Suicidio scrivono. Omicidio noi diciamo.

Giuseppe Pennestrì

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