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mercoledì 20 aprile 2011

FARANNO IL DESERTO E LO CHIAMERANNO PACE


Marzo 2011. Ennesimo atto di forza del mondo occidentale. Questa volta nel mirino è finita la Libia e anche in questo caso la storia si ripete come da copione: iniziano a diffondersi, tramite i soliti media prezzolati dell’Occidente, un senso generale di sdegno e una forte preoccupazione, dettati in questo caso dal pericolo di un dittatore sanguinario che fa strage del suo popolo; dibattiti vari, dove tutti sono d’accordo a metterlo alla gogna; il tempestivo intervento dell’istituzione internazionale in teoria più imparziale e rappresentativa, l’Onu; e l’attacco di singoli Stati contro uno Stato sovrano, per spodestare il malcapitato al potere.

La differenza stavolta (e non è poco, visto che non avveniva ormai da decenni) sta nel fatto che capo bandiera di quest’operazione non sono i soliti esportatori di libertà e democrazia (alias gli USA), ma una Francia che per un attimo sembrava essere ritornata ai tempi belli di De Gaulle, i tempi dell’indipendenza da influenze esterne e della pienezza di sé (patriottismo imbecille, non certo autodeterminazione nel senso positivo), almeno fino a quando tutto non è tornato in carreggiata, passando sotto il controllo della Nato.

L’apparente difesa dei diritti umani anche stavolta dissimula interessi di altro tipo, che poi sono i soliti, come mettere le mani sulle risorse di gas e petrolio, in uno Stato non allineato alla politica e non chino alla logica imperialista di chi voleva fare da padrone in casa d’altri. Senza dimenticare che la Libia è in una posizione geografica strategica, per cui un controllo del territorio, tramite il governo-fantoccio che dopo Gheddafi s’intende instaurare (immaginiamo già che ciò avverrà a seguito di elezioni che chiameranno democratiche, come già stanno facendo in Egitto) assicurerà in un colpo solo una presenza stabile sul mediterraneo e un’inquietante vicinanza al medioriente.

È doveroso notare peraltro che ancora una volta l’Occidente (con Israele dietro le quinte) si rivela legato alle tradizioni, visto che, oltre che mietere vittime senza fine con i bombardamenti, mantiene la ‘sana’ abitudine di usare anche armi proibite, in quanto armi di distruzione di massa; parliamo in particolare dell’uranio impoverito che, lungi dall’essere utile anche solo lontanamente a bloccare la repressione sul popolo libico (repressione che pure era ed è realtà, sebbene in modo non differente rispetto a quanto sta avvenendo proprio ora anche in altri Stati, come Bahrain, Siria o Yemen, di cui nessuno o quasi si occupa) ha ed avrà delle forti ripercussioni sugli stessi civili che a loro detta starebbero difendendo; dal Vietnam, all’Iraq, a Gaza, la storia si ripete ancora… corsi e ricorsi storici?

Vincenza bagnato.

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