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martedì 19 aprile 2011

CULTURA:RADICE DI UN POPOLO


In Italia esiste una precisa parola che riesce a riassumere e a spiegare perfettamente la storia recente politica ed economica di questo paese: Tagli. Essa per un’intera colpevole classe dirigente sembra essere l’unico rimedio a qualunque questione di tipo politico, economico e sociale.

La mannaia dei tagli adesso tocca a quello che, per una questione semplicistica, possiamo definire settore culturale, che più di ogni altro caratterizza l’identità, in questo caso italiana, di qualunque popolo in tutto il mondo. Negli ultimi mesi il Governo aveva previsto un taglio del 40% delle risorse destinate alla cultura che avrebbe messo in ginocchio una realtà che non gode certo di ottima salute.

Grazie anche all’immediata reazione degli addetti ai lavori, lo stesso è dovuto
correre ai “ripari” con un Decreto Legge del 23 Marzo in cui si prevede l’assegnazione permanente di 236 milioni di euro al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, di cui 149 milioni di euro destinati al Fondo Unico per lo
Spettacolo, 80 milioni di euro alla tutela e al recupero del patrimonio storico, architettonico, artistico e archeologico e 7 milioni di euro agli istituti culturali.

Ma da dove provengono questi fondi? Considerato che la proposta di aumentare il biglietto del cinema intaccava lo stesso settore e risultava fin troppo palese agli occhi dei cittadini, si è pensato bene di aggirare l’ostacolo in modo più subdolo, approvando l’aumento delle accise sulla benzina.

Si tratta, quindi, di una nuova tassa non facilmente percepibile dal “distratto” contribuente italiano che pagherà di tasca propria l'incapacità di un'intera classe politica completamente e volutamente disattenta a qualunque
questione riguardi il mondo culturale in ogni sua forma. Non si riesce a capire perché il tutto debba poi ricadere ancora sul cittadino costretto a pagare,
quindi, una tassa su un bene di così largo consumo.

Quello che possiamo ben definire un vero e proprio attacco alla cultura da parte delle istituzioni non è altro che una precisa e oculata scelta e si lega
inevitabilmente a concezioni e dottrine che superano i confini italiani, trovando nel mondialismo e nella globalizzazione la loro sintesi.

Per rendere un Popolo schiavo è necessario distruggerne la cultura e la memoria. Questo per chi vuol vedere è il chiaro messaggio. L'attuale crisi del
settore quindi, sembra nascere non solo da una questione pratica di cui la maggiore responsabilità è delle istituzioni, ma anche da un malessere molto più profondo, dovuto forse ad una concezione distorta di tutto ciò che è cultura. Troppo spesso essa viene vista esclusivamente come un’enorme organizzazione di eventi fine a sé stessi che nulla hanno a che vedere con la caratteristica principale di ogni progetto culturale, ovvero la capacità di essere avanguardia.

Ribaltare la moderna visione di cultura deve essere, quindi, il fine non solo di chi di questa ne ha fatto il proprio mestiere, ma anche di chi in essa vede un prezioso strumento di interventismo nella società odierna affinché essa possa tornare ad essere la base fondamentale di qualunque progetto sia esso politico, economico o sociale.

Giuseppe Pennestrì
Giulia zanella

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