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venerdì 29 ottobre 2010

Ricercatori di diritto

Nuovamente il ddl Gelmini sulla riforma dell'istruzione, è tornato alla carica, facendo parlare di se, facendo scendere in piazza gli studenti affiancati straordinariamente da docenti e ricercatori.
A turbare gli animi dei ricercatori vi è un'ombra d'instabilità economica che gia da tempo aleggia sulla loro testa ;con la grande manovra Tremonti-Gelmini altri tagli sono stati preannunciati, e se prima a diminuire erano solo i fondi destinati alla ricerca, ora anche gli stipendi dimagriscono, e la sicurezza dei contratti a tempo indeterminato, che un ricercatore acquisiva dopo anni di sacrifici, si dissolve nel nulla come una nube di fumo
La famigerata riforma non prevederà, una continuità lavorativa degli attuali ricercatori, i quali non potranno diventare professori associati e saranno dati in pasto alla precarietà della vita lavorativa, quindi senza più certezze, senza più stimoli, facendo andare il paese incontro ad un rapido deperimento culturale.
Ma accantoniamo per un attimo l'aspetto puramente economico della faccenda, anche se costituisce la principale motivazione della protesta, considerato che tutto origina dalla manovra finanziaria del ministro dell'economia, e andiamo ad analizzare quello pratico, apriamo una piccola parentesi e spieghiamo chi sono i ricercatori oggi.
La definizione di ricercatore, i suoi doveri e i suoi diritti sono stati definiti mediante la Carta Europea dei Ricercatori, una raccomandazione pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea il 5 marzo 2005 ,essa stabilisce che tutti coloro i quali operano nella ricerca dopo la Laurea o titolo equivalente sono da considerarsi Ricercatori: per i primi quattro anni "in formazione" (inclusi i dottorandi di ricerca e i borsisti), mentre in seguito sono da considerarsi "senior". La Carta prevede che non esistano discriminazioni nei diritti associati ai contratti e stabilisce la parità dei diritti tra i ricercatori a tempo determinato e a tempo indeterminato.
Ma allora ci domandiamo, che motivo c'è di scendere in piazza, a urlare il proprio dissenso nei confronti di un ddl che dovrebbe essere inferiore a una direttiva europea!? Semplicissimo, la Carta Europea dei Ricercatori non ha ancora trovato implementazione nell'ordinamento italiano, anche a causa dei costi aggiuntivi che lo Stato dovrebbe sostenere per garantire a tutti i ricercatori i medesimi diritti come raccomandato dalla Carta; e il decreto del presidente della repubblica 382 del 1980, che stabilisce dei ricercatori italiani ruoli e mansioni, che dovrebbe (in via del tutto teorica) tutelare questi ultimi, viene ignorato palesemente, anche per colpa di ricercatori conniventi (è doloroso ammetterlo ma c'è chi di necessità ne fa virtù, e fa valere la legge latina “mors tua vita mea”)
Trovato quindi il motivo per cui i nostri ricercatori hanno le palle girate.
Adesso facciamo un quadro della situazione e diciamo chi sono i ricercatori in Italia nelle nostre facoltà.
Sono quelle giovani figure sempre al servizio dello studente, che con passione e amore spiegano, al posto dei pigri o troppo impegnati docenti di ruolo, le materie piu disparate, sulle quali hanno speso anni e anni di studi, ma che non vedranno mai la loro firma apposta su un libretto di uno studente.
Che trascorrono giornate all'interno di ufficietti, ricavati a volte tra pannelli che separano quattro cinque postazioni in una stanza, chini sui loro pc, ma con la forza e la voglia di continuare.
Che nonostante vengano chiamati dai colleghi e dagli studenti professore/essa, a fine mese in busta pagano non trovano le “cifre” di un Professore che si rispetti.
Costretti a vivere di oggi, senza pensare ai domani, con la costante paura di finire in mezzo ad una strada (e non parlo metaforicamente) considerati i tagli e i ritagli degli ultimi anni nei confronti dei fondi destinati alla ricerca, e i contratti con tempi sempre piu striminziti.
Che non si vedono riconosciuti come figure giuridiche, e per tanto non aventi particolari diritti ( e conseguenti doveri) da rivendicare.
Insomma una categoria di lavoratori non certo invidiabile.
Ebbene i succitati ricercatori, prendendo come sfida il ddl hanno deciso di rientrare nei loro ranghi, (quelli di cui la legge 382/80 parla) ritornando a quelle mansioni che normalmente dovrebbero spettare ad un ricercatore.
In men che non si dica le facoltà si sono bloccate, perché nessun docente, pardon RICERCATORE era in aula a intrattenere una lezione, a dimostrazione che il motore pulsante e vivo della cultura nel nostro paese sono loro, e non i decrepiti e obsoleti baroni delle cattedra, che con le loro vecchie nozioni, e l'incapacità di mettersi al passo coi tempi rallentano e fanno regredire, rispetto all'Europa, generazione dopo generazione di studenti. Questa volta la supposta è cosi grande, che oltre a “colpire” lo studente di oggi, il lavoratore di domani colpisce i ricercatori di ieri, che si sono per la prima volta mobilitati per rivendicare i loro diritti, quei pochi diritti che gli erano riconosciuti appena, e che con il decreto entrante verranno negati del tutto.
Quindi studenti, colleghi, popolo apriamo gli occhi! Questa non è una battaglia esclusiva per chi in Italia tenta di far ricerca, è una lotta di tutti!

C.Basile

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