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martedì 26 ottobre 2010

DUE UOMINI, UN'UNICA STRATEGIA.

Nella pochezza umana dello scenario politico ed economico italiano, ammettendo che esista oggi una vera differenza tra i due,risaltano le affermazioni dell'a.d. della Fiat Marchionne e del Ministro dell'Interno Maroni. Il primo dichiarando che se non fosse per l'Italia la Fiat sarebbe di certo in condizioni migliori, l'altro minacciando l'uso della forza se i disordini di Terzigno dovessero continuare. Semplici deliri di onnipotenza da parte di due organi dello stesso sistema o lancio di precisi segnali? Chi ricopre cariche di tale importanza molto raramente spende parole a caso. I messaggi, oltre il fumo dell'apparenza, sono chiari in tutta la loro pesantezza. Marchionne dimostra di conoscere perfettamente la posizione di debolezza di uno Stato "proponendo" il suo ricatto ad un'intera e trasversale classe politica. O alle sue regole o la Fiat delocalizza ogni sua fabbrica. Adesso può finalmente liberarsi, dire ciò che pensa realmente. Di certo non è una coincidenza che questo avvenga solo dopo l'ingresso della Fiat nell' immenso mercato americano. Evidentemente l'Italia è un optional, e quest'ultimi hanno il loro prezzo. Se il modello e le regole sono quelle di Pomigliano c'è poco da stare allegri. Che stronzi e ingrati quegli operai che credono che oltre il lavoro ci sia anche una Vita da vivere, fatta di affetti, di amori,di passioni, della voglia di genitori che vogliono vedere i propri figli crescere, di rivendicazioni di diritti legittimi. Ma questo per lui e per ciò che rappresenta non ha la minima importanza. Si prende gioco dei "propri" operai definendosi un metalmeccanico, guadagnando somme che i metalmeccanici, quelli veri, non riuscirebbero a guadagnare nemmeno in tre vite. L'arroganza è tale che la risposta più adatta sarebbe quella,citando Gomorra di Saviano, "di un gancio, o una testata sul setto nasale". Ma non vogliamo dare ai porci appigli sui quali arrampicarsi.
Se il mondo economico,attraverso le parole di un amministratore delegato libera il suo stridulo canto, la politica non è da meno. Mediante le parole del ministro dell'Interno, riguardo i fatti di Terzigno, la sottile strategia dell'assenza dello Stato si trasforma ad un tratto in una soffocante presenza. Nel linguaggio istituzionale le minacce riguardo l'uso della forza possono essere riassunte nella frase, resa celebre dalla cinematografia, fermo o sparo. Ma questo non è un film, Terzigno non è Hollywood e la persone muoiono davvero. In una regione mille volte stuprata dalla spartizione di potere statale e quello criminale molte comunità si trovano tra l'incudine e il martello. Non è facile in questa condizione alzare la testa, scorgere una soluzione che altri da lontano reputano facile, distibuendo colpe e assoluzioni con la stessa facilità con cui si sceglie il gusto di un gelato. Non è facile pensare ad un altro mondo se quello che hai visto fino ad oggi è quello in cui hai vissuto da sempre. Il baratro è ad un passo. Quando non esistono più vie d'uscita, perchè questa è solo un ricatto, la soluzione può apparire solo oltre quel muro di scudi e manganelli, fatto anch'esso di uomini fin troppo tali da disubbidire ad un ordine stupido che pùò portare troppo velocemente ad un punto di non ritorno. Non si convinca nessuno che ciò che sta accadendo in Campania sia così lontano dalla nostra realtà quotidiana. E' molto più vicina di quanto si possa mai immaginare. Ma ognuno di noi come gli abitanti di Terzigno e dei paesi vicini, ha la possibiltà e la capacità di vedere oltre quel muro di uomini vestiti da Stato.
Due uomini che ricoprono due cariche diverse ma il cui obiettivo sembra essere uguale: stringere ancora di più il cappio al collo ad un popolo che tale più non è da un pezzo.

Giuseppe Pennestrì

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