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lunedì 10 maggio 2010

PRIVATIZZAZIONE DELL’ACQUA: MERCIFICAZIONE DELLA VITA



Non sarà il classico articolo sulla necessità di mantenere l’acqua, bene primario e inalienabile,pubblica. Sarebbe troppo scontato, sarebbe troppo facile e condivisibile. Tutti noi sappiamo quanto sia indispensabile non delegare a privati, che per definizione mirano alla massimizzazione dei guadagni e non alla semplice erogazione di servizi, la gestione di un bene essenziale e primario come appunto l’acqua. Ci soffermeremo invece sui raccapriccianti giochi di potere che ruotano intorno all’ ”oro blu”. E’ il 2009 quando il passaggio in legge del decreto 135/2009 , che riguarda formalmente l’ “Adeguamento alla disciplina comunitaria in materia di servizi pubblici di rilevanza economica”, legittima pienamente la privatizzazione del servizio idrico, mettendo automaticamente in moto una serie di polemiche ipocrite e strumentali da parte delle fazioni avverse al centro-destra. Iniziamo con il dire che di fatto la privatizzazione del servizio idrico in Italia esiste già, seppur sottoforma di “società miste”, dal 2001 quando la regione “rossa” per antonomasia (Toscana) cedette la gestione dell’acqua alla “Publiacqua Spa”, società composta al 40% da quote Impregilo (gruppo Fiat) e Suez(multinazionale energetica) e al 50 % da quote del Comune di Roma (allora sotto l’amministrazione Veltroni). Nel 2006 il Consiglio Regionale respinse una legge d’iniziativa popolare che chiedeva la ripubblicizzazione del servizio, con i voti compatti di PDS, Margherita, Forza Italia e AN. Ad oggi il presidente di questa società risulta essere Erasmo D’Angelis (PD) mentre la carica di amministratore delegato è ricoperta da Irace(ex segretario PDS). In questo caso uniche voci fuori coro risultarono quelle delle estreme opposizioni politiche,soprattutto Rifondazione Comunista. Tuttavia, a dimostrazione di come alcune battaglie non siano altro che “strategie” d’inserimento nel tessuto popolare, appare paradossale il caso del Comune di Acerra dove un genuino comunista come il Sindaco Espedito Marletta (di Rifondazione Comunista) nel 2005 autorizzò la gestione del servizio idrico da parte della “Acquedotti Spa”, al 49% privata. Fiumi di inchiostro furono gettati dai vertici del partito per sconfessare il sindaco “infedele” ma la credibilità risulta ora di certo leggermente compromessa. La logica è sempre quella, mutuando da Rino Gaetano: “partono tutti incendiari e fieri ma quando arrivano sono tutti pompieri”. A questo punto sono del tutto da evitare le considerazioni “qualunquistiche” stile “i politici sono tutti gli stessi”, perché queste sterili considerazioni le lasciamo per i dibattiti da bar. La realtà, ancora una volta ci appare chiara davanti ai nostri occhi: i politici rispondo a logiche e piani che trascendono i semplici programmi elettorali o le fantomatiche ideologie d’appartenenza. Quando arriva un ordine dall’alto, da chi legittima il potere, i politici lo eseguono o comunque vi si adeguano.

Alla luce di queste considerazioni e dei continui fallimenti riportati da un sistema che ha ancora nei cassetti leggi d’iniziativa popolare mai lette, proponiamo lo scioglimento delle “reti” oggi operanti sul territorio nazionale e funzionali a logiche partitiche e la creazione di “liberi gruppi operativi” formati non più da sigle ma da Persone che decideranno le strategie più idonee al conseguimento dell’obiettivo finale, senza delegare a strutture compromesse con il potere i frutti della propria lotta (siano essi firme o alternative forme di protesta).

Marco Masulli

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