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martedì 11 maggio 2010

Loro eco-profitti, noi quale futuro?


Che cos’è un inceneritore? E una centrale biomasse? Un rigassificatore? Una centrale turbogas?

Sono alcuni esempi di impianti per cui possono essere individuate tre risposte plausibili.

La prima è riconducibile alle funzioni cui essi adempiono, come bruciare rifiuti, produrre energia, trasformare il metano da liquido a gas; opere utili quindi, indispensabili, altrimenti dove finirebbe tutta la spazzatura? Come si farebbe senza elettricità? Rappresentano quindi la soluzione a problemi di grande rilievo, almeno per chi intende ignorare concetti come “riciclaggio” o “fonti alternative”. Ma andiamo avanti.

Il secondo ordine di risposte è legato alle conseguenze per le quali si parla, a buona ragione, di ecomostri. Tumori, malformazioni fetali, malattie cardiache e respiratorie sono solo alcune delle conseguenze delle polveri sottili prodotte da inceneritori, che con tutta evidenza non termovalorizzano molto! Polveri sottilissime sono emanate anche dalle centrali biomasse e turbogas; mentre scarichi continui in mare di ipoclorito di sodio (meglio conosciuto come “candeggina”) sono parte del processo di rigassificazione, pericolo di poco conto se si considera il rischio di incidenti:una leggera fuoriuscita di gas (freddissimo) da una nave metaniera a ridosso della costa, porterebbe inevitabilmente ad un esplosione della portata di decine di chilometri.

E allora, se i costi in termini economici sono altissimi (oltre a centinaia di milioni di euro per la costruzione di questi mostri, quanti infatti sanno ad es. che con gli incentivi cip6 introdotti dal buon Prodi l'energia elettrica prodotta dagli inceneritori viene pagata quattro volte in più rispetto al suo costo di produzione in un impianto di termogenerazione normale? Ci ammazzano e li finanziamo pure..!), se i costi sulla salute umana e ambientali insostenibili, se alternative più convenienti e pulite sono lampanti, cosa spinge verso una politica che

ancora punta alla loro realizzazione e che prevede incentivi per il loro mantenimento?

La soluzione coincide con la terza risposta al quesito iniziale: l’interesse dei potentati economici. Sono loro ad essere proprietari e a gestire questi impianti, in un sistema in cui i costi sono per buona parte pubblici mentre i profitti rigorosamente privati, di nomi che peraltro sono sempre gli stessi; la storia quindi è sempre quella di una politica che si mostra palesemente al soldo dei veri orchestratori della vita di ogni Paese. L’iter è sempre uguale: si individuano aree con bassa partecipazione sociale, con fame di lavoro e pronte a barattare la salute e l’integrità del proprio territorio a fronte di false promesse di sviluppo e occupazione. I risultati sempre uguali: intere zone che diventano vere e proprie pattumiere, che fanno la fortuna della società di turno per cifre da capogiro; pattumiere come la piana di Gioia Tauro, in Calabria, una fascia di terra di pochi chilometri dove si è riusciti a concentrare una tale quantità di opere da far inorridire:da un inceneritore da 120.000 tonnellate all’anno, al progetto del suo raddoppio, ad una discarica, al depuratore, ad una centrale turbogas da 760 Mw con connesso elettrodotto da 380 kV, al progetto di altre due centrali turbogas, di una centrale biomasse e infine,come se non bastasse, di un rigassificatore del modico costo di un miliardo di euro. Qui al danno si aggiunge la beffa se si considera che il gas non servirà a soddisfare il bisogno locale o nazionale ma sarà esportato e in questo caso è evidente una politica asservita alla logica del profitto del privato.

L’aspetto più preoccupante di questo sistema deviato però è la mancanza di consapevolezza e indignazione della gente comune, gente che non sa, se sa sminuisce, se non sminuisce sta comunque zitta“ tanto non c’è niente da fare”. Ma per quanto ancora intendiamo stare al gioco di chi specula con i nostri soldi e sulla nostra pelle? Per quanto ancora saremo pronti ad assecondare le logiche del profitto che muovono il sistema e incidono pesantemente sulla nostra realtà, sulla nostra vita, sul nostro territorio?

Vincenza Bagnato


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