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lunedì 18 febbraio 2013

Editoriale


"L'uomo è il solo essere che faccia promesse" diceva Nietzsche. L'uomo politico è il solo essere che faccia promesse in misura superiore di quante non ne possa mantenere sembra invece lo spot perfetto per queste elezioni politiche.
Eppure dovrebbe esistere un fisiologico limite arrivati ad un certo punto; il naturale confine che segni la differenza fra una strategia politica e il ghigno beffardo celato dietro ogni menzogna. Dovrebbe. Ma non c'è. 
Sarà che sempre più spesso si raggiunge e si oltrepassa il limite di sopportazione ancor prima che il discorsetto elettorale si concluda; sarà che lo schema lo si conosce talmente bene che il ritmo odioso della consuetudine finisce col divenire naturale, e di ciò dovremmo avere il timore.
Lo spettacolo è quello che è, squallido, ipocrita, fumoso. La battaglia com'era ampiamente prevedibile si combatte sul campo fiscale : l'abbassamento delle tasse, la restituzione dell'IMU, milioni di euro ora tornati disponibili a sanità ed istruzione. 
L'urgenza del male necessario -fateci caso- non è più presente nelle razioni di politica quotidiana. Tutto, di colpo torna ad essere possibile. O quasi. 
Nel confusionario e spesso superficiale chiacchiericcio da "par condicio" emerge la linea comune da rispettare: riformare per mantenere. Ogni altra scelta perciò è preclusa o di fatto estromessa. 
La questione principale quindi non riguarda il considerare le mille piccole presunte verità o tecnicismi sul pareggio di bilancio, sulle strategie economiche da realizzare per evitare il disastro se il punto di vista dal quale si parte è quello esclusivamente riformista che mantiene le fondamenta istituzionali di sempre, convergenti con le linee guida dell'UE e dell'interesse privato. 
La discussione politica non può essere credibile agli occhi e all'orecchie di chi vuole dare uno sguardo oltre la visibile facciata, che sa quindi con matematica certezza che la soluzione non è certo il tecnicismo vampiresco del Monti politico, nè la vecchia novità di Bersani, nè tantomeno il ritorno-incubo di Berlusconi, tutte facce di uno stesso identico problema in cui le differenze appaiono solo come varie sfaccettature di un singolo oggetto. Ognuno legato in maniera diversa ai sistemi di potere oggi esistenti da cui scaturiscono i disastri politico-sociali che propongono ora di risolvere.
Fra poco gli italiani sceglieranno quale riforma del lavoro li licenzierà o li renderà più poveri o quale riforma dell'istruzione li renderà meno preparati.
Non è un piano di riforme che muterà in positivo lo scenario ma un necessario e radicale cambiamento che metta in discussione le stesse basi su cui poggia lo Stato e l'intero impianto europeo, comprese le dottrine economiche-finanziarie che si muovono all'interno di esse, comandandone i passi. E' importante che ciò accada oltre la singola scelta del recarsi alle urne o disertarle. E' vero che l'uomo è l'unico essere che faccia promesse, ma è altrettanto vero che è l'unico, per fortuna o purtroppo, in grado di mutare il corso degli eventi.


G. Pennestrì

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