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martedì 18 ottobre 2011

INDIGNAZIONE IN PIAZZA


Da ormai cinque mesi si moltiplicano negli stati capitalisti le grandi dimostrazioni di piazza dei così detti "indignati", gente stufa che ha deciso di affrontare i potenti della politica e della finanza attraverso rumorose manifestazioni di massa. Ovviamente non è certo una ribellione tale da poter seppellire il sistema liberista mondiale, ma è comunque un qualcosa che nel mondo moderno non si era mai visto.

Le sincere manifestazioni di questi cinque mesi sono figlie della crisi economica iniziata tre anni fa che ha fatto sorgere nell'animo delle genti sdegno, collera ed infine la consapevolezza che responsabile di ciò è l'alta finanza e principalmente le banche.

Quella del 2008 non è la prima delle crisi nella storia del capitalismo ed ogni qual volta se ne verifica una le conseguenze negative maggiori sono sempre per le classi più deboli, con sempre più gravi tagli allo stato sociale, la diminuizione dell'occupazione, l' abbassamento di salari e stipendi, la vendita dei beni pubblici agli speculatori privati; il risultato è sempre lo stesso: i poveri saranno sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi, gli sfruttati sempre più sfruttati e i potenti sempre più potenti.

Ad oggi i 16 Paesi schiavi dell' Euro contano, secondo le statistiche ufficiali Eurostat dello scorso mese di luglio, 15,8 milioni di disoccupati (pari al 10%) mentre i restanti 11 Stati dell'UE ne contano poco più di 11 milioni. I governi degli Stati più in crisi, cioè più indebitati, (Grecia, Portogallo, Islanda) non hanno trovato di meglio che chiedere enormi prestiti alla Banca Centrale Europea per fare fronte ai debiti accumulati: questi prestiti usurai vengono chiamati "aiuti". La sintesi è più o meno questa: nel tentativo di curarsi dalla malattia si compiono le medesime azioni che ti hanno portato ad essere malato.

In ogni caso la BCE pretende che i debiti vengano pagati e la soluzione dei governi europei, sospinta, o per meglio dire, imposta dalla stessa BCE, è stata quella ridurre la spesa pubblica in campi come istruzione e sanità, di abbassare il livello dei salari pubblici (fino al 30%, come succede oggi in Grecia).

La situazione negli Stati Uniti è la medesima; il Congresso, in mano anch'esso alle banche, non è stato in grado di approvare l'American Job Creation Act, una legge che avrebbe permesso il recupero di oltre 400 miliardi di dollari e che invece ha scatenato i manifestanti fuori da Wall Street, simbolo mondiale del capitalismo.

I cortei di protesta degli "indignati" ed il loro propagarsi in ogni Capitale dell' Occidente liberista hanno finalmente risvegliato la volontà di giovani e non di non stare più passivamente a guardare ed a subire le atrocità che il sistema mondialista compie su tutti i popoli della Terra ed hanno indicato il loro dito indice contro la finanza, contro le banche, le oligarchie economiche vere responsabili della crisi.

Per uscire da quest'ultima non abbiamo bisogno di ricette economiche, espresse per altro in malafede, ma di uomini disposti a gridare il loro NO a quello che è il vero nemico da abbattere, il cancro da estirpare di quest 'Era moderna: il sistema capitalistico mondiale.

Ivano Perduto

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