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martedì 22 marzo 2011

UNA TRAPPOLA NEL MEDITERRANEO


Le caratteristiche finora poco chiare che riguardano la situazione politica di tutto il Nord Africa diventano con il passare dei giorni sempre più definite. Purtroppo non in senso ribellista. Sembrano invece essere l'ennesima cinica manovra di un sistema che rafforza se stesso.

I punti su cui si fondano tali dubbi sono molteplici. Innanzi tutto non esiste un effettivo ritorno politico a favore delle "ribellioni" se non quello illusorio della cacciata dei vari leader. In Egitto per esempio, tutto è in mano all'esercito che ha più volte dichiarato la volontà di mantenere precise posizioni e gli accordi precedentemente stabiliti in attesa di una poco chiara transizione.

I flussi migratori di certo non sono indice di una ribellione spontanea, non è chiaro infatti perchè un popolo che si ribella deve poi fuggire in massa dalla propria Terra "liberata".

Se si crede poi che una "rivoluzione" possa nascere attraverso facebook o si è stupidi o molto ingenui, da anni infatti il più famoso sistema di autoschedatura mondiale è in mano alle due più importanti agenzie del pianeta, quali C.I.A ed F.B.I.

Se si pensa anche che già da qualche anno gli Stati Uniti finanziano l'opposizione di Mubarak e che anche un tale come Soros si esprime a favore delle "rivoluzioni" si capisce che c'è qualcosa che non va.

Ma perchè la "diplomazia" americana dovrebbe lavorare contro chi ha da sempre garantito un certo equilibrio, a loro fin ora favorevole, nell'area del Mediterraneo? Per capirlo basta prendere in considerazione alcuni rapporti commerciali tra Egitto, Tunisia, Libia, Venezuela, Russia, Iran e Italia. L'asse economico che passa da Caracas,Mosca e Teheran non è direttamente controllabile ne totalmente succube, della linea economica parallela e dominante delle cosidette sette sorelle che non devono, quest'ultime, sfuggire dai dettami di Washington, Londra e Tel Aviv. Considerando che questi riescono a penetrare nel tessuto economico e sociale dei propri "nemici" attraverso la vecchia ma affidabile tecnica della destabilizzazione programmata e non potendo attaccare direttamente Russia, Venezuela e Iran preferiscono annullare i loro partner economici, soprattutto, se questi sono anche loro creature. A prova di questa teoria possono servire le testimonianze che riportano la presenza di elicotteri Apache durante i bombardamenti dei civili libici, mezzi questi, non in dotazione all'aviazione libica. Libia che in questo momento è totalmente accerchiata dagli eserciti di mezzo mondo "preoccupati" tutto ad un tratto dei diritti negati dal governo di Tripoli. Destabilizzare quindi sembra essere la loro parola d'ordine.

Questo finora ha due precisi scopi:mantenere un certo grado di instabilità alle porte d'Europa che garantisce loro maggior possibilità di movimento, e rafforzare successivamente ancora di più il loro potere nel Mediterraneo.

Discorso a parte è quello del Medio Oriente dove agiscono altre dinamiche, orientate alla salvaguardia politica e fisica d'Israele e dove il pericolo di capovolgimenti "improvvisi" è quasi nullo, causa il completo allineamento dei maggiori Paesi Arabi alle linee guida di Washington.

Ma quale significato ha per l'Europa tale situazione? E quali sono per essa e per l'Italia le conseguenze? Risposte che non tarderanno ad arrivare.
L 'imponente attacco all'Europa è già iniziato con la crisi economica di due anni fa, che ha permesso di stringere il cappio a Paesi quali Irlanda, Islanda, Grecia (anch'essa nel Mediterraneo, non è un caso) e in modo più soft, per ora, in Portogallo e Spagna. La destabilizzazione del Nord Africa porta, inevitabilmente, forti ripercussioni su tutta l'Europa. L'arma che verrà utilizzata sarà quella di un imponente flusso migratorio verso appunto le coste Europee in particolar modo italiane, coscienti del fatto che l'Europa oggi, non è culturalmente e strutturalmente preparata ad assorbire un così alto flusso migratorio.

L'Italia dal canto suo "reagisce" allineandosi alla tenuta di Washington e ONU, cominciando a mobilitare mezzi della Marina per far fronte agli sbarchi sulle proprie coste e partecipando prima con mezzi militari alla missione "umanitaria" in Libia, mobilitando non a caso, precisi reparti militari che nulla hanno a che fare con missioni umanitarie e successivamente partecipando attivamente alla campagna militare in territorio libico.

Il messaggio per l'Europa sembra essere forte e concreto, qui comandiamo noi e vi dominiamo fino a decidere del vostro destino. Non resta che sperare quindi che questo preciso meccanismo di controllo innescato in Nord Africa possa esplodere in maniera del tutto incontrollata, che i vari Popoli interessati (Europa compresa) riescano a capire e a rifiutare la trappola in cui si è cascati e a scacciare davvero questi invisibili padroni.

Giuseppe Pennestrì

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