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venerdì 18 febbraio 2011

LO STATO E LA SUA ELEMOSINA


Messina ormai da tempo è abituata a non far caso a ciò che accade sulla propria testa, a voltare lo sguardo dall'altra parte anche su questioni che la riguardano da vicino, a causa di un odioso e ben visibile sentimento di resa incondizionata della maggioranza dei suoi abitanti. Siamo sicuri che accadrà anche questa volta. Nel decreto Milleproroghe, passato in senato nei giorni scorsi, è stato previsto uno stanziamento di soli dieci milioni di euro per quelle zone tristemente note a causa dell'alluvione del primo ottobre 2009 che causò 37 morti.

Vorremmo parlare di quest'argomento in modo diverso, vedere che tutto va per il verso giusto, che le promesse fatte venissero quantomeno mantenute, ma così non è. I dieci milioni in questione fanno parte di uno stanziamento di cento milioni che era destinato alla Liguria per le alluvioni dei mesi scorsi, alla quale, dopo questo umiliante stornamento, toccheranno novanta milioni.
Incredibilmente c'è anche qualcuno che ringrazia ed è persino contento del gran gesto nobile di uno Stato che non ci rappresenta minimamente, è il caso del senatore Nania la cui "speranza" non è stata tradita da un servile senato della repubblica. Meglio di niente avranno pensato.

Quest'ultima frase, "meglio di niente", riassume in maniera drammaticamente vera e precisa la storia recente di questa città, sembra essere il pensiero dominante di intere generazioni, quasi fosse diventata ormai una filosofia di vita, un fatto esistenziale dal quale è quasi impossibile liberarsi. Quasi. Più gli uomini sono assoggettati da un pensiero, da una dottrina, più diventano schiavi inconsapevoli di un padrone solo apparentemente inesistente, cadendo nella sottile trappola di un regime di scelte condizionate spacciate per libertà, in tal modo un incredibile numero di schiavi crede di essere libero, ma non lo è per nulla. Questa è la realtà, che vi piaccia o no, di Messina.

L'ennesimo schiaffo sembra non turbare la sonnolenta vita della maggioranza dei figli di questa città, abituati ormai a barattare la propria Terra per qualche ossicino gettato dal padrone che hanno deciso di servire. Tutto scorre, come se niente fosse successo, come se a Messina si morisse per finta, come se tutto fosse solo una tragedia teatrale. Sarebbe anche ora che questa città si rivegliasse da un sonno troppo lungo, che sbattesse in faccia agli uomini di potere la loro elemosina, che non accettasse più di servire alcun padrone. Eppure non lontano dalla Sicilia, in un sud più profondo del nostro, esistono Popoli che hanno detto di no, la cui parte migliore ha deciso di ribellarsi e morire pur di non vivere da schiavo. Un tempo anche i figli di Messina erano in grado di farlo.

Giuseppe Pennestrì

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