Archivio blog

martedì 9 marzo 2010

SIAMO TUTTI ISLANDESI




La crisi coinvolgendo tutti i settori produttivi del pianeta ha investito anche il ,fino ad ora giudicato incrollabile, sistema bancario. La stretta dipendenza della politica, nazionale ed internazionale, dalle Banche oltre a far crollare ogni illusione di sovranità popolare (sostituita tacitamente con la sovranità dei banchieri!) ha fatto in modo che sia il Popolo a pagare sulla propria pelle l’implosione del capitalismo o, piu’ semplicemente a pagare di tasca propria il fallimento delle banche. A volte però accade che il popolo, nonostante il massiccio impiego di “narcotizzanti sociali” usati per addomesticarlo al volere dei potentati politico-economici, a pagare gli sbagli commessi dagli stessi artefici delle sue pessime condizioni di vita non ci stia proprio! Infatti, a seguito del fallimento dell’Icesave (marchio di un prodotto di risparmio proposto dalla Landsbanki, banca internazionale con sede in Islanda) che trascinò con sé migliaia di risparmiatori britannici e olandesi, il governo islandese è stato chiamato a pagare i debiti contratti dall’Icesave con il governo britannico e olandese (che ha provveduto a risarcire i suoi risparmiatori). Il parlamento islandese provvide quindi, gia nel mese di Dicembre 2009, a mettere ai voti una legge che stabiliva il rimborso ai governi britannico e olandese per l’esorbitante cifra di 5,7 Miliardi di dollari. Fu così che pervenne nelle mani del, sicuramente sorpreso, Presidente islandese Olafur Grimmson una petizione popolare firmata da 1/4 degli elettori che si dicevano assolutamente contrari a pagare le speculazioni finanziarie della fallita Icesave. Grimsson fu così costretto a bloccare la legge per sottoporla ad un referendum popolare, fissato per il 6 Marzo. Ma la storia non finisce di certo qui! L’Unione Europea o Fondo Monetario Internazionale (ormai i due termini non sono che sinonimi) non poteva di certo restare a guardare. Infatti, sfruttando la richiesta dell’Islanda per l’ingresso nell’UE, il FMI ha di fatto ricattato la, fino ad ora!, indipendente Repubblica islandese “suggerendo” la risoluzione del “problema” attraverso la sostituzione dei debiti privati con obbligazioni pubbliche e l’innalzamento delle tasse per 15 anni (con una stima di 12 mila euro per abitante), praticamente attraverso la svendita dello Stato; se ciò non accadesse di certo l’ingresso dell’Islanda in Europa incontrerebbe diversi ostacoli, per così dire!Tutto rimandato al 6 Marzo quindi, sperando che dall’Islanda possa partire un vento di riscossa popolare che si propaghi in futuro in tutta L’Europa dimostrandone la vera essenza. Un piccolo accenno infine al nostro sistema d’informazione che ,invece di preoccuparsi del naso sfasciato di qualche nanetto nordico piuttosto che dell’ultimo flirt della prima stangona di turno, dovrebbe iniziare a svolgere il reale interesse del popolo informandolo su ciò che di significativo accade intorno ad esso. Fino a quando ciò non accadrà, ci saremo noi.

Marco Masulli

Risultato referendario del 6 Marzo: 93% i NO!!

La vittoria dei 'no' al referendum islandese sulla legge Icesave è stata schiacciante. A respingere il provvedimento che prevede il rimborso di 3,9 miliardi di euro ai circa 300.000 risparmiatori britannici e olandesi colpiti dal crack della banca on-line è stato oltre il 90% dei votanti. Lo stesso governo di Reykjavik, poco dopo la diffusione dei primi risultati, ha riconosciuto il risultato delle urne. Un risultato sul quale non esistevano dubbi e ampiamente anticipato dai sondaggi delle scorse settimane.

La maggioranza dell'opinione pubblica islandese, infatti, fin dal primo momento si è mostrata contraria ad una legge che prevede il rimborso di una somma pari a circa il 40% del Pil dell'isola, vale a dire 12.000 euro a testa per i suoi 317.000 abitanti. Un fardello da molti giudicato insostenibile in un Paese che fino al 2007 era considerato dall'Onu "il più vivibile" e che ora sta vivendo la peggiore recessione della sua storia, con una disoccupazione all'8,1%, un debito esterno pari al 300% e la corona islandese che in due anni ha perso la metà del suo valore. Per questo il presidente islandese, Olafur Ragnar Grimsson, fattosi portavoce del malcontento di gran parte della popolazione, non ha firmato la legge varata dal governo del primo ministro, Johanna Sigurdardottir, convocando il referendum. Con tutti i rischi che la vittoria del 'no' comporta. Innanzitutto per quel che riguarda i rapporti col Fondo monetario internazionale, il cui sostegno per Reykjavik è più che mai fondamentale per uscire dalla crisi.

Tutta in salita, poi, appare la strada verso l'adesione all'Unione europea, prevista per il 2012 insieme a quella della Croazia. Le speranze sono legate ai negoziati con Londra e L'Aja che il governo Sigurdardottir è riuscito a tenere in piedi nonostante il referendum.

Nessun commento:

Posta un commento